Le storie e i fatti della nostra gente si sono intrecciati e sviluppati lungo le rive dell'Adige
e questo fiume che fin da fanciulli ci è stato presentato come l'«essenza del bene e del male insieme,
ha scandito il tempo, il ritmo della vita per lunghi secoli.
Tutti si ricordano della mitica «ludria», la lontra, l'animale acquatico con il corpo di grosso gatto che la
saggezza popolare rappresentava un tempo ai bambini come un pericolo più insidioso delle rapide
della corrente.
E se la verità scientifica ci dice che la «ludria» non incantò mai nessuno con i suoi occhi da maliarda,
facendolo così precipitare nei gorghi come ci fu tante volte raccontato, è pur sempre vero che questo
animale visse realmente nelle anse del nostro fiume, almeno fino a quando le prime forme di
inquinamento precedenti la seconda guerra mondiale non alterarono l'equilibrio ecologico
provocandone la scomparsa.
Il fiume fu anche punto di riferimento per uccelli migratori quali cicogne, anitre selvatiche, folaghe,
germani, aironi e habitat naturale per diverse specie di pesci; questo delicato ecosistema rimase
inalterato finché la vita fluì a misura d'uomo.
Allo stesso tempo l'Adige fu ricchezza e benessere per boscaioli, zatterai, mercanti e pescatori.
Con le sue acque si irrigarono le campagne utilizzando grandi ruote per sollevare le onde e portarle
nei terreni coltivati.
Nonostante questo rapporto confidenziale, il senso di riverenza per l'Adige rimase ben radicato
nelle coscienze per un lunghissimo periodo.
L'Adige separò le genti delle due sponde e le divise per lungo tempo, ma l'uomo cercò i guadi,
utilizzò le barche,
i traghetti, costruì ponti in legno prima, in cemento poi e il fiume con la "effe" maiuscola diventò
pian piano un normale corso d'acqua che i libri di geografia classificano come il secondo d'Italia
per lunghezza.
La sua forza, la sua irruenza, il suo vigore, quello che nel 1439 dovettero affrontare le galee
veneziane che risalirono la corrente a viva forza prima di arrivare nel Lago di Carda, ora che
le sue acque sono derubate da canali e da centrali idroelettriche, ce li mostra solo nei periodi
di piena.
Allora l'Adige riacquista la dignità di sempre e il senso di rispetto riaffiora nei ricordi della memoria
della gente.
Sono proprio questi richiami forse ereditati alla nascita dagli abitanti della Val d'Adige alla pari
del colore degli occhi o del timbro della voce, che legano quelli di qua e quelli di là del fiume.
In tali occasioni è questa sensazione di impotenza di fronte alla corrente limacciosa che raduna
sull'una e sull'altra sponda i contadini mettendoli in ansiosa trepidazio-ne.
Furono queste dure esperienze drammaticamente vissute in molte piene, le più gravi delle quali
tanto per ricordare quelle vicine a noi nel tempo del 1966 e del 1882, che ispirarono una solidarietà
umana tra gli abitanti della valle che l'appartenenza a differenti realtà sociali e territoriali ha
attualmente reso meno sentita.
da "L'Adige in controcorrente" di Gianni Buio - 1990