Pubblicato Venerdì, 24 Febbraio 2012 22:25
Scritto da Cavagna Marcello
Visite: 36815

  

 

 

Le storie e i fatti della nostra gente si sono intrecciati e sviluppati lungo le rive dell'Adige

e questo fiu­me che fin da fanciulli ci è stato presentato come l'«essenza del bene e del male insieme,

ha scandito il tem­po, il ritmo della vita per lunghi secoli.

 

 

Tutti si ricordano della mitica «ludria», la lontra, l'ani­male acquatico con il corpo di grosso gatto che la

saggezza popolare rappresentava un tempo ai bambini come un pe­ricolo più insidioso delle rapide

della corrente.

 

E se la verità scientifica ci dice che la «ludria» non in­cantò mai nessuno con i suoi occhi da maliarda,

facendolo così precipitare nei gorghi come ci fu tante volte racconta­to, è pur sempre vero che questo

animale visse realmente nelle anse del nostro fiume, almeno fino a quando le pri­me forme di

inquinamento precedenti la seconda guerra mondiale non alterarono l'equilibrio ecologico

provocan­done la scomparsa.

 

 

Il fiume fu anche punto di riferimento per uccelli mi­gratori quali cicogne, anitre selvatiche, folaghe,

germani, aironi e habitat naturale per diverse specie di pesci; que­sto delicato ecosistema rimase

inalterato finché la vita fluì a misura d'uomo.

 

 

Allo stesso tempo l'Adige fu ricchezza e benessere per boscaioli, zatterai, mercanti e pescatori.

 

Con le sue acque si irrigarono le campagne utilizzando grandi ruote per sollevare le onde e portarle

nei terreni col­tivati.

 

 

Nonostante questo rapporto confidenziale, il senso di riverenza per l'Adige rimase ben radicato

nelle coscienze per un lunghissimo periodo.

 

L'Adige separò le genti delle due sponde e le divise per lungo tempo, ma l'uomo cercò i guadi,

utilizzò le barche,

 

i traghetti, costruì ponti in legno prima, in cemento poi e il fiume con la "effe" maiuscola diventò

pian piano un nor­male corso d'acqua che i libri di geografia classificano co­me il secondo d'Italia

per lunghezza.

 

 

La sua forza, la sua irruenza, il suo vigore, quello che nel 1439 dovettero affrontare le galee

veneziane che risali­rono la corrente a viva forza prima di arrivare nel Lago di Carda, ora che

le sue acque sono derubate da canali e da centrali idroelettriche, ce li mostra solo nei periodi

di piena.

 

Allora l'Adige riacquista la dignità di sempre e il senso di rispetto riaffiora nei ricordi della memoria

della gente.

 

 

Sono proprio questi richiami forse ereditati alla nascita dagli abitanti della Val d'Adige alla pari

del colore degli occhi o del timbro della voce, che legano quelli di qua e quelli di là del fiume.

 

In tali occasioni è questa sensazione di impotenza di fronte alla corrente limacciosa che raduna

sull'una e sul­l'altra sponda i contadini mettendoli in ansiosa trepidazio-ne.

 

 

Furono queste dure esperienze drammaticamente vis­sute in molte piene, le più gravi delle quali

tanto per ricor­dare quelle vicine a noi nel tempo del 1966 e del 1882, che ispirarono una solidarietà

umana tra gli abitanti della val­le che l'appartenenza a differenti realtà sociali e territoriali ha

attualmente reso meno sentita.

 

 

da "L'Adige in controcorrente" di Gianni Buio - 1990

001.jpg 002.jpg 002a.jpg

002b.jpg 002c.jpg 002d.jpg

002e.jpg 002f.jpg 002g.jpg

002h.jpg 003.jpg 003a.jpg

003b.jpg 003d.jpg 003e.jpg

003g.jpg 003h.jpg 003m.jpg

003n.jpg 004a.jpg 004b.jpg

004c.jpg 004d.jpg 004e.jpg

004f.jpg 004g.jpg 005a.jpg

005b.jpg 005c.jpg 005d.jpg

005e.jpg

 

 

X

Diritti riservati

Copia non permessa