Testo fisso

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Ala 1910: “Italiani famati e soldati focosi ” convivenza in una città di confine

 

kaiserjager

 

 

 

“Italiani famati, tollerati nel Tirolo, l’Italia l’abbiamo sotto i piedi” con queste parole la sera del 30 ottobre 1910 quattro giovanotti di Ala offendono due “regnicoli”(cittadini italiani) impiegati delle Ferrovie Italiane che giocano al biliardo al Caffè Sartori.

Entrano al bar, gettano i tabarri sul tavolo di biliardo, disturbano e poi giù con le offese. Parte una querela e il processo dopo un mese (che tempi veloci!!!!) sancisce la fondatezza delle accuse patite dagli italiani difesi dall’avv. Pietro Sartori il quale “con un potente scatto lirico esaltò la nostra italianità facendo rilevare quanto sia doloroso che italiani offendano italiani…”.

Condanna esemplare per due dei quattro a otto giorni e 48 ore di carcere (molto pesante rispetto alle accuse). Il giornale Alto Adige, commentando favorevolmente la sentenza, rileva che l’opera di pochi sconsiderati non debba essere presa come stato d’animo di una intera città e lo stesso avv. Sartori, membro del Consiglio Comunale, trova solidale l’intera rappresentanza cittadina.

Le circostanze, a maggior ragione se riportate da un giornale di ispirazione irredentista, mettono in risalto l’affidabilità della giustizia asburgica che, pur in presenza di accuse verso propri concittadini mosse da persone di altra nazionalità , non esita a condannarli quando rileva dei comportamenti da perseguire con severità.

 

BAR GIOCO ALLA MORRA

Gioco alla morra - nel 1901 il Comune rileva la presenza di troppe “bettole” con licenza di rivendita vino in locali inadatti , che alimentano la piaga dell’alcoolismoi; ma non mette limiti in quanto ritenute utili ad integrare il reddito delle famiglie.

 

Un episodio che resterà comunque un isolato nelle cronache di Ala di inizio secolo, dove la convivenza fra italiani di diversa nazionalità o tra tedeschi e italiani è buona e tollerante , complice la presenza della Stazione internazionale con maestranze anche di un certo livello culturale che collaborano nella vita associativa, fraternizzano con i residenti nei luoghi pubblici , e soprattutto occupano numerosi appartamenti in affitto con indubbi vantaggi economici per la popolazione che ha tutto il vantaggio a coltivare rapporti cordiali.+

 

Certo non è tutto idilliaco, anzi. Le tensioni ci sono e ogni tanto affiorano , ma sono tenute a bada. In città, vista anche la sua collocazione geografica ai confini dell’impero, è presente una consistente guarnigione militare (che probabilmente è rinforzata nel 1912 quale contropartita per la partenza della Dogana) e capita di frequente qualche episodio che turba la convivenza .

 

Caserma austriaca

 

Caserma austriaca a sud di Ala conosciuta ancora come “Casermom”

 

Il giornale ”il Trentino” del 1910 descrive una serata nella trattoria Zanotti gestita dal sig. Vittorio Righi dove 12 soldati boemi , dopo aver bevuto vino e birra, indispettiti con la cameriera che ritarda nel servirli , cominciano a spaccare bicchieri, piatti e bottiglie, scappando all’arrivo del capitano e del sergente dei gendarmi Galvan, vero castigamatti della truppa ma temuto anche dalla popolazione. +

Tra l’altro in un articolo di giornale del 1920, a guerra finita , la gente di Ala ricorda durante la resistenza di Passo Buole nel 1916 di aver provato terrore pensando al ritorno di questo sergente che aveva impiegato gli ultimi giorni della sua residenza ad Ala a “terrorizzare la popolazione preannunciando sicuro , come nel 1866 in Valsugana , il ritorno degli Austriaci e le più terribili vendette contro coloro che si sarebbero dimostrati traditori del Kaiser, con le famiglie che temevano ritorsioni sui parenti in guerra se Ala si fosse mostrata ribelle ”.

Infatti nel 1866 ( è la terza guerra di indipendenza nota per l’Obbedisco di Garibaldi) le truppe italiane erano salite fino Pergine dalla Valsugana, per poi ritirarsi e accontentarsi della conquista del Veneto con conseguente ritorno degli Austriaci.

Leggendo dei timori degli alensi , a poco più di un mese dal centenario dell’ entrata degli italiani in Ala, immagino lo stato d’animo dei nostri nonni di allora, che non sapevano come si sarebbero comportati i nuovi arrivati né perché venivano, preoccupati dalle ditte di spedizioni che scappavano da Ala lasciando tutti senza lavoro oltrechè profughi chissà dove, insicuri sui loro modesti risparmi causa la fuga delle banche e il cambio della moneta, addolorati per figli e mariti in guerra dispersi ,prigionieri o già caduti, e ora anche con la paura delle ritorsioni in caso di ritorno degli Austriaci. Fra un mese ricordiamoci anche di questo!!!!

 

Sempre in tema di militari un episodio farsesco succede nell’aprile 1914 nell’osteria di Antonio Zinelli, fra l’altro anche mugnaio.

Due bersaglieri imperiali indugiano troppo a bere fino a che interviene la ostessa che li allontana con una certa fatica aiutata dal figlio che mastica un po’ di tedesco. Preoccupata che questi due non ritornino , chiama il marito invitandolo ad andare a chiudere la finestra dell’osteria per evitare sorprese ma aperto l’uscio se li trova ancora davanti con le baionette in pugno. Antonio Zinelli con forza erculea prende un tavolo e lo scaraventa contro gli intrusi poi mena botte da orbi con la sedia fino a che i due, vista la mala parata, saltano dalla finestra lasciando però la baionetta , che poi fu consegnata da Zinelli in Gendarmeria; pensiamo che il sergente Galvan il giorno dopo avrà insegnato loro le buone maniere.+

 

Molino Zinelli

 

Dipinto del Molino Zinelli quando era azionato dalla ruota in legno mossa dalla roggia

 

Concludiamo infine con un episodio che , pur coinvolgendo solo di sfuggita nostra città, è originato da una dubbia segnaletica dei confini del Comune (e allora anche nazionali) in Lessinia.

Ecco il fatto raccontato da “il Trentino” del 2.6.1910.

Due tedeschi impiegati alle Poste di Rovereto raggiungono Ala con l’intento di andare alla Sega e tornare alla sera. Dopo essersi rifocillati all’Albergo Alpino si avviano verso Podestaria al fine di tornare ad Ala dalla Valbona (un giro impegnativo se fatto in un giorno solo). Sopportano un violento temporale rifugiandosi in un casotto della Finanza italiana e, appena il temporale cala, si avviano verso l’albergo di Podestaria.

 

Podestaria 1906

 

Podestaria, altitudine m. 1657 ora provincia di Verona e allora stato Italiano,

per molto tempo di proprietà della Famiglia Malfatti di Ala

 

Chissà se in quel momento hanno sconfinato , ma sopraggiunge una pattuglia italiana e, essendo sprovvisti di passaporto, vengono condotti a Bosco Chiesanuova ed internati in un carcere. Qui le ricostruzioni divergono: uno dei due tedeschi certo sig. Enrico Kiniger lamenta un trattamento disumano ,con gendarmi ottusi che rifiutano di riconoscere la validità dei documenti di riconoscimento postale, sbattuti in un carcere orribile sopra un tavolaccio; al mattino , al loro rifiuto di portar fuori l’orinale un gendarme esce con queste parole “Dovete portar fuori il pitale anche se foste mio padre o perfino l’imperatore”; alla fine una vecchia acconsente a farlo con il compenso di una lira (a occhio e croce circa 3 €uro odierni) .

Alla sera dopo altre umiliazioni vengono portati in Podestaria e da qui scendono ad Ala. In città la tensione è molto alta e tutti tirano un sospiro di sollievo perché ormai si era temuto il peggio anche per via del temporale. E qui ne esce una riabilitazione del temuto sergente Galvan che , riconosce il giornale, “si è prodigato oltre il proprio dovere per rintracciare i dispersi salendo lui stesso fino alla Podestaria ( 6 ore di strada)”.

La ricostruzione del tedesco alimenta una polemica da parte di un ignoto lettore che lo accusa di mentire quando invece i carabinieri colmarono di gentilezze i due arrestati. E conclude affermando “Questi signori meritano di essere compatiti semplicemente per il fatto che essi appartengono a quel benedetto Tirolo, dove l’odio contro la razza Italiana è ormai inestinguibile”.

 

 PODESTARIA 1906  02

 

Nel 1914 alcuni irredentisti raggiungono la Podestaria per sconfinare poi a Verona

ed evitare l’arruolamento nell’esercito austroungarico

 

Chissà dove sta la verità, probabilmente un eccesso di zelo delle guardie italiane c’è stato; ma qui entriamo nel campo delle tensioni etniche che in quel periodo affiorano abbastanza spesso.

Ma questo è un altro discorso, e anche piuttosto complicato. Vedremo se accennarne prossimamente.

Ne esce bene la comunità di Ala che non lascia nulla di intentato per salvare i due impiegati, senza porsi domande se sono italiani o tedeschi.

 

Foto archivio Brusco Enrico e pubblicazioni Cassa Rurale

Azzolini Mario  

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