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Giornata della memoria – un diplomatico di Ala Carlo de’ Malfatti protegge gli ebrei in Francia durante la guerra.

 

 

Il 10 gennaio 1940 Mussolini dichiarava guerra alla Francia, ormai allo stremo, con lo scopo di potersi sedere al tavolo delle trattative. La Francia la considerò “una pugnalata alla schiena” perché le sorti della Repubblica francese erano segnate di fronte all’inarrestabile avanzata della Wermacht. Difatti il 22 giugno entrò in vigore l’armistizio tra Francia e Italia, ma non fu per noi una passeggiata e le misere conquiste territoriali (vedi cartina) rappresentarono uno smacco per la retorica militarista fascista. L’armistizio sancì una divisione tra Francia occupata dai tedeschi (e una piccolissima dagli italiani) e “Francia Libera” collaborazionista del maresciallo Petain chiamata Repubblica di Vichy dal nome della sua capitale.

 

cartina Francia occupata 1940

La Francia nel 1940 sotto l’occupazione tedesca con la modesta zona amministrata dagli italiani

 

La storia dell’occupazione italiana in terra francese è abbastanza sconosciuta e mi aveva incuriosito un articolo del giornalista Alberto Toscano che raccontava l’esperienza del generale Maurizio Lazzaro de Castiglioni, capo delle truppe di occupazione italiane in Francia dal novembre 1942 all’otto settembre 1943.   La sua vicenda ripercorre la travagliata storia della persecuzione degli ebrei in Francia e in particolare nella valle dell’Isère a Grenoble, dove aveva sede il comando italiano dopo che, nel 1942, fu decisa una seconda spartizione della Francia tra tedeschi e italiani che ampliava la zona di occupazione italiana e limitava la zona “libera” francese del generale Petain. Il generale Castiglioni si distinse per una “ protezione particolare attuata nei confronti degli ebrei e degli stranieri” perseguitati dai tedeschi, spesso con la collaborazione del governo di Vichy. Il terreno nel quale si muoveva il generale Castiglioni era insidioso: i francesi odiavano gli italiani per l’aggressione subita vigliaccamente, la Gestapo anche se fuori dalla sua zona di competenza agiva con la consueta spietatezza aiutata dall’Ovra, la occhiuta polizia segreta fascista italiana; l’amministrazione di Vichy collaborava a internare gli ebrei i quali si erano riversati dal Nord verso la zona italiana sapendo che lì avrebbero potuto godere di una protezione umanitaria e inoltre erano vicini al confine con la Svizzera dove cercavano di espatriare.

 

Una situazione esplosiva e molto delicata che coinvolgeva non solo i comandi militari ma anche i consolati italiani e appunto in quello di Chambery operava quale responsabile il concittadino barone Carlo de’ Malfatti di Montetretto. Il barone Carlo era nato nel 1882 ad Ala e, seguendo la vocazione famigliare, aveva intrapreso la carriera diplomatica. Gli furono affidate numerose rappresentanze consolari e all’inizio degli anni 40 era stato inviato a presiedere quella di Chambery, capoluogo della Savoia francese, proprio nel periodo bellico. Il maestro Coser nel 1961, attingendo alle dichiarazioni del capo della Commissione di armistizio con la Francia, fa conoscere l’attività del nostro concittadino nel periodo francese in un articolo sull’Adige e che qui cerco di condensare.

 

Palazzo Malfatti 1908

Elegante interno Palazzo Malfatti in via Nuova dove era nato il barone Carlo (poi di proprietà Scherer e ora del Comune) – 1908 archivio Brusco -

 

Il compito di Malfatti era complicato e le relazioni con i francesi difficili e laboriose a causa del risentimento di questi ultimi contro l’Italia per l’aggressione di Mussolini a un paese ritenuto amico e che ospitava numerosi lavoratori italiani. Inviò al presidente della Commissione di armistizio consigli per mantenere buoni rapporti con i francesi proponendo norme equilibrate e di buon senso, purtroppo non sempre applicate dalle gerarchie militari che spesso preferivano adottare il criterio autoritario tedesco. Anzi fu addirittura posto sotto inchiesta che si risolse naturalmente in un’archiviazione. Malfatti voleva evitare di provocare il rancore della popolazione francese che avrebbe reso difficile fra qualche anno, a guerra finita, il ravvicinamento dei due popoli e salvaguardare la vita dei numerosi lavoratori italiani ancora presenti.

 

E’ noto che gli ebrei di varie nazionalità accorsero numerosi nella Savoia per eludere la sorveglianza tedesca. La dichiarazione sopra citata afferma “Questi infelici perseguitati ebbero presto conoscenza del barone De Malfatti il quale applicava loro non solo le scarne direttive superiori ma, pur con scarsi mezzi, una forma di umana assistenza, direi quasi commovente. Ricordo talvolta il corridoio di un piano dell’albergo dove erano gli uffici pieno di questi derelitti che ricorrevano a lui come a un benefattore. I correttissimi rapporti del barone de Malfatti con i francesi, l’assistenza, o meglio la protezione da lui esercitata sugli israeliti, l’insieme insomma del suo atteggiamento non sfuggì ai tedeschi che, pur non ingerendosi direttamente, esercitavano una segreta vigilanza. E, infatti, all’atto dell’armistizio dell’otto settembre 1943, il barone de Malfatti fu subito arrestato dai tedeschi, subendo così un trattamento differente dagli altri funzionari consolari in Francia che, credo, furono in un primo tempo lasciati in libertà sorvegliata”.

 

Appena saputo dell’armistizio il barone de Malfatti rientrò in fretta da Ginevra e riuscì a distruggere il carteggio riservato. Fu arrestato il giorno seguente e recluso assieme ad una settantina di ufficiali italiani. Respinse ogni allettante offerta e non aderì alla Repubblica di Salò. L’intervento di autorità francesi e del sindaco di Chambery perché fosse liberato aumentò i sospetti dei tedeschi che lo affidarono alla Gestapo. Proposte fatte dai francesi per facilitare la sua fuga furono respinte per non aggravare la posizione dei suoi collaboratori rimasti in balia dei tedeschi.

 

Dopo la guerra il console de Malfatti continuò la sua carriera diplomatica ottenendo sedi prestigiose come Stoccarda e Istanbul negli anni cinquanta. Al momento del suo congedo, l’intero corpo diplomatico della metropoli turca gli tributò un caloroso abbraccio e, in quell’occasione, offrì agli ospiti un omaggio musicale con il poemetto lirico “Ala piccola Città”. Raggiunse il grado di ambasciatore e ministro plenipotenziario e di Segretario dell’Ordine Militare di Malta. Pur abitando a Roma rimase sempre affezionato alla città di Ala, contribuendo ai bisogni dell’asilo, di San Valentino e della Biblioteca e nel 1965 fece parte del Comitato d’onore per i cinquant’anni di Ala Italiana. Morì l’anno successivo.

 

In conclusione una vicenda che fa onore al corpo diplomatico italiano nella Francia occupata perché vi furono altri episodi che coinvolsero funzionari di sedi consolari italiane come Grenoble con il vice console Alberto Calisse; trent’anni dopo, nell’America Latina dei generali golpisti e dei desaparecidos, altri diplomatici si attiveranno in difesa dei diritti umani con grande rischio personale.

 

lapide Malfatti di Via Nuova

La famiglia de Malfatti di Via Nuova al nostro cimitero

 

bambini Malfatti nel quadro del Prati

Non dispongo di foto del Malfatti ma posto un dipinto del barone Carlo con i fratellini a cura del pittore Eugenio Prati che a fine ottocento operò in alcune famiglie nobiliari di Ala

 

Fonti:   “Il generale Castiglioni, Isère 1943. Gli Ebrei salvati dagli occupanti di Alberto Toscano”.

           Giornale Adige 29.6.1961

 

 

Azzolini Mario

 

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