Testo fisso

 Per la politica dell'ambiente                                   Chi lotta può perdere,chi non lotta ha già perso! Guevara                                          

Cento anni fa, una tragedia sconosciuta

Gli emigranti italiani allo scoppio della guerra.

 

 emigranti-italiani

 

Il 28 luglio 1914 scoppia la guerra tra Germania e Austria-Ungheria da una parte e Russia, Francia e Inghilterra dall’ altra. Il Trentino allora fa parte dell’Impero Austrungarico.

 

L’Italia invece si mantiene per ora  neutrale. L’emigrazione italiana è  numerosa nei paesi entrati in guerra (150.000 in Francia, altrettanti in Germania e Austria, 70.000 in Svizzera)  e come è facile intuire lo scoppio delle ostilità  determina il forzato rientro da tali paesi  di una massa di emigranti causato sia dalla mancanza improvvisa del lavoro nell’ edilizia  sia dalla cautela dei paesi ospitanti che non desiderano  avere stranieri sul loro territorio durante le ostilità. 

 

All’ improvviso, in agosto, comincia il rientro frettoloso di almeno 400.000 italiani  e molti transitano  dalla linea del Brennero. Convogli terribili composti da una trentina di vagoni, spesso merci o adattati alla meglio (i migliori sono  riservati alle truppe per il fronte)  , sui quali vengono  stipati almeno 50 persone per carrozza. 

 

 

Il viaggio può durare anche sei sette giorni prima di arrivare al confine con l’Italia , determinando condizioni igieniche spaventose, disagi materiali e liti frequenti sui convogli provocando anche dei  morti. Tali treni tra l’altro incrociano quelli che partiti  da Trento e Rovereto verso il fronte della Galizia e pieni di soldati Trentini richiamati. Quindi una grande confusione nelle stazioni principali. 

 

In tale occasione, come riportano i quotidiani dell’epoca ,  si manifesta una grande solidarietà dei trentini nelle stazioni dove sostano  i convogli . Appositi comitati sorti per iniziativa  soprattutto della borghesia locale aderenti alla Lega Nazionale (Associazione che tutela l’italianità delle cosiddette terre irredente)   aspettano i convogli diretti al Sud e offrono dei generi di conforto a questi poveri emigranti (chiamati regnicoli)  ai quali non pare vero di udire  parlare italiano e   sentire  il calore di persone accoglienti.

 

 

Rispondono  commossi  gli emigranti  gridando “Viva Trento” e “Viva la Triplice” . Le autorità militari collaborano e non pongono  ostacoli, anche perché fino allora l’Italia è comunque un loro alleato nella Triplice Alleanza. D’altronde la stessa solidarietà  si manifesta anche   nei confronti dei lunghi convogli di giovani trentini che quasi contemporaneamente partono  per il Nord verso il fronte russo e la Galizia.

 

Cosa  c’entra ALA  in tutto questo?

 

 

La nostra stazione è  di confine, i convogli aspettano più del previsto per effettuare i controlli e quindi il disagio è anche maggiore. Come scrive l’Alto Adige del 14 agosto 1914 il podestà di allora Piero Pallaver (probabilmente il padre della ultracentenaria signora Maria )   domanda al Sindaco di Verona l’invio di dieci quintali di pane per rifocillare gli emigranti impegnandosi poi il Comune a gestire la custodia e la  distribuzione; ma il sindaco di Verona rifiuta  soffermandosi sul divieto di esportare generi alimentari, assicurando comunque che a Verona avrebbero trovato soccorsi.

 

 

Ad Ala si saranno senz'altro  prodigati  in qualche altro  modo, anche perché in loco è  presente un attivo gruppo aderente alla Lega Nazionale. Un nostro concittadino mi ha riferito la testimonianza della  madre, all’epoca quindicenne, che aveva visto transitare  questi convogli di disperati costretti a fare i loro bisogni corporali  negli stivali e poi a buttarli dalle fessure del treno.

 

Come poi andò a finire? 

 

In settembre il flusso cessa ma in Italia rientrano quasi mezzo milione di persone su una popolazione allora di circa 35 milioni (ora siamo quasi 60 milioni). Tale rientro forzato determina problemi giganteschi in una nazione , appunto l’Italia,  che già soffre  di mancanza di lavoro.

 

 

Il giornale riferisce che  per fortuna il raccolto agricolo si rivela buono e tale da occupare nuove forze e sfamare le famiglie; ma mi pare  una conclusione troppo ottimistica pubblicata per non creare allarmi e non dare discredito all’ Italia.   

 

Purtroppo in  alcune province del Veneto,  soprattutto Udine e Belluno, i rientranti assieme alle loro famiglie da mantenere rappresentano quasi la metà della popolazione e l’inverno è  alle porte. Figuriamoci poi al Sud.

 

Tra 8 mesi anche l’Italia entrerà in guerra    e gli emigranti rientrati   troveranno l’occupazione che certo non si aspettavano.

 

Azzolini Mario

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