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- Pubblicato Martedì, 09 Ottobre 2012 22:36
- Scritto da Rizzi Luciano
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Pro memoria di un piccolo Patrimonio d' Arte e Storia
Capitelli e Cappelle
Prima Parte
Quando il calendario religioso dettava i tempi e i modi della vita quotidiana e la ritualità della fede rappresentava una compenente non irrilevante della vita, nella molteplicità delle ricorrenze e delle celebrazioni , molti erano i luoghi deputati , anche per poche ore ad accogliere la devozione e la preghiera.
Spontanea e ben augurante a volte , implorante e protettrice altre , per i morti e per i vivi soprattutto per la salute e per il raccolto. Tutto sommato per le stesse cose mutate nella forma che ancora animano il percorso della fede. Allora una diversa partecipazione, una coralità di presenze una puntualità nell'osservanza una cura per la forma che altro certo non era che devozione e rispetto per il Sacro.
Non solo dunque i templi cittadini, luoghi per definizione e rango deputati alla celebrazione e alla fastosa magnificenza dei Sacramenti, strutturati i primi in una precisa gerarchia dettata dalla loro stessa localizzazione , ma conviveva spesso in concorrenza con essi anche il Santuario, vocato al pellegrinaggio a specialissime implorazioni e al ringraziamento votivo come ben testimonia ancora la ridondanza degli ex voto presenti a S. Valentino,
e per il nostro territorio una presenza tanto antica quanto la storia di questa terra,la chiesetta di S, Pietro aperta al culto nel giorno della dedicazione , nella settimana Santa per il rito delle “Rogazioni” e nell'eccezionalità di qualche matrimonio.
Ben sei erano i luoghi di culto consacrati al rito dell'Eucarestia, La Parrocchiale dedicata a S. Maria Assunta, S. Giovanni Evangelista, la Chiesa dei Frati Cappuccini, S. Giovanni Nepomuceno (S. Giovannino ora sede della Società Musicale), S. Pietro in Bosco e il Santuario di S. Valentino.
Altri luoghi sacri affidati alla cura e alla devozione popolare erano rappresentati dai capitelli e dalla Cappellette votive; numerosi i primi quasi sempre ubicati nel primissimo circondario della città sulle strade che portavano alle campagne, addossati ai muretti a guardia dei crocicchi per servire contemporaneamente molte realtà lavorative. Segni di un'arte povera (con qualche eccezione come vedremo per il Capitello delle Madonne) con una decorazione semplice ma sincera , quasi un “ affidavit” del contadino e dell'artigiano ai Santi Protettori delle Arti e dei Mestieri, ai Patroni del buon raccolto e della salubrità degli armenti, ai propiziatori della meteorologia.
Ecco prevalere, quasi sempre raffigurati ai piedi della Vergine in Trono, le figure di S. Antonio, S. Sebastiano, S. Biagio, da questi il detto: “Il Barbato, il Frecciato, il Mitrato, il freddo se nè andato" alludendo nel barbato a S. Antonio Abate festeggiato il 17 gennaio, a S. Sebastiano per il frecciato e a S. Biagio per il Mitrato la cui memoria cade il 3 febbraio, quando se l'inverno non è particolarmente rigido l'aria comincia ad intiepidirsi soprattutto nei paesi del Sud.
E poi i Santi Guerrieri, S. Valentino e S. Giorgio in primis, qualche S. Fabiano e S. Vigilio, ma anche altri, particolari, avulsi dalla tradizione locale quali i Martiri Anauniensi: Alessandro, Sisinio e Martirio raffigurati in un bella icona nel capitello denominato di S. Antonio posto a guardia della Gola dei Fusi alla confluenza tra le strade per Passo Buole e S. Valentino.
Ben poco rimane sul nostro territorio di questa antiche forme devozionali, alcuni sono sopravvissuti e valorizzati per l'interessamento di privati e Associazioni, altri per antica appartenenza alla famiglia tra le cui mura hanno trovato quiete come quelli che si possono vedere alle Caigole e sulla Via Romana , pregevoli quelli presi gelosamente in carico dalla comunità di Marani.
Poco o nulla rimane degli altri, eppure ogni via ogni contrada ospitava un segno cui affidare la protezione della Via, spesso solamente un piccolo affresco o una tempera su malta con l'immancabile mazzolino di fiori appassiti.
Nessuno ha pensato nel tempo e tanto meno ora , a porre freno al degrado e pensare ad un recupero. Piace immaginare che qualche Amministratore passando pensieroso e distratto possa aver inavvertitamente gettato uno sguardo fugace e aver rivolto un frettoloso pensiero alla loro storia.
Ma il “Tiremm innanz “ , mutuato per la circostanza dal nostro Risorgimento non ha la stessa nobilità di quello di Sciesa.
Vale quanto accennato per la condizione degli affreschi e dei pochi beni artistici ancora presenti. La priorità è data ad altri accadimenti . Forse più effimeri e voluttuari, (per noi) ma qualche volta la volontà è trascinata dalla necessità di assecondare le nuove tendenze, di dirottare anche a malincuore le attenzioni, e seguire il flusso di scelte diverse contribuisce alla lenta consunzione di questo patrimonio.
Qualcosa ancora sopravvive a dispetto di quanto detto.
Spiccano ancora per la loro particolare collocazione o per le inusuali dimensioni , la chiesetta di Strà e il Capitello delle Madonne
La chiesetta della Madonna di Strà (della strada)
Posta tra Via 4 Novembre e la strada che un tempo portava alla Rua e al vecchio Campo Sportivo di fronte alla casa Martinelli, è menzionata per la prima volta da Padre Gregorio Gattioli nel 1608 che ne descrive anche l'altare di marmo con lo stemma della nobile famiglia Vasini.
Con la costruzione della tratta ferroviaria Trento – Verona , la primitiva cappella venne demolita procedendo nel contempo al recupero - infruttuoso - di due affreschi forse raffiguranti i santi Valentino e Taddeo *
Ricostruita nel 1868 su progetto di Luigi Dalla Laita, modesta nelle dimensioni circa 3.5 x
Monumentali piante (speriamo private) la coronano su tre lati e il vasto slargo antistante consente di apprezzare l'armonia della costruzione. Un piccolo angolo di quiete .
Da allora venne presa amorevolmente in custodia dalle famiglie del rione e in particolare per molti anni aggetto di amorevole devozione da parte della signora Paolina Leonardi. Ma tutte le famiglie, indistintamente, hanno sempre provveduto alla pulizia, al decoro, all'abbellimento e alla manutenzione della cappella nella quale fino agli anni '70 si recitava il Rosario nel Mese di Maggio e non solamente per le famiglie locali, e altre funzioni in particolare quella del 3 ottobre dedicata ai ferrovieri caduti sul lavoro , ma questo sino a quando il rione fu densamente popolato . In quanto consacrata , vi si celebra di tanto in tanto la Santa Messa.
Quel di tanto in tanto dovrebbe essere sostituito con un “Ormai raramente”. Le generazioni che custodivano il culto e ne tramandavano i riti e la continuità di quella particolare devozione, sono uscite dalla Storia, la radicale modificazione della società e del sentire religioso hanno portato alla chiusura di Chiese bel più importanti in modo ormai capillarmente diffuso . Anche nelle piccole comunità come la nostra la chiesa viene chiusa o meglio , viene aperta per qualche ora al giorno , non solamente per evitare sottrazioni di opere d'arte dopo le spogliazioni degli anni 60 e 70, ma per l'inutilità di una apertura.
L'imperante legge della domanda e dell'offerta non risparmia ormai nulla e nessuno .
La chiesetta di Stra' rappresenta una lodevole eccezione, sempre curata, pulita, dignitosa nei sui arredi ma soprattutto viva. L'impressione per i pochi che vi si avvicinano è di un luogo frequentato con regolarità', banchi ordinati, i paramenti dell'altare lindi , i fiori presenti e una lampada votiva perennemente accesa ; la prima luce che intravedevano quanti, uscendo nelle ore tarde dalla stazione ferroviaria, imboccavano Viale 4 Novembre; ma questo fino al finire degli anni 60 poi fu tutta un'esplosione di luce! (sic).
*da Delpero,Armani,Baroni
Fine prima parte
Luciano Rizzi
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