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- Pubblicato Lunedì, 12 Dicembre 2016 10:51
- Scritto da Rizzi Luciano
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Cinema che passion !
Storie di Cinema( Sale) e dintorni
Salvaguardare i manufatti del proprio vissuto dovrebbe costituire il primo impegno degli Amministratori, delle Associazioni e dei singoli Cittadini spesso depositari della loro custodia.
Una forma di rispetto nei riguardi delle generazioni che li hanno voluti e il dovere di tramandare testimonianze concrete a chi verrà (dal tempo o da altri luoghi) per non interrompere quel filo di continuità che rappresenta elemento portante della storia.
Avvenimenti bellici o catastrofici, l'azione del tempo, l'incuria delle persone hanno depauperato indifferentemente e in modo scandaloso e indifferentemente, il patrimonio delle città piccole e grandi, aggredite dalla speculazione, saccheggiate nella loro più intima essenza , private di un passato costruito lentamente e con grande amore.
Ala non è certo rimasta esente dal sacco che nell'arco di pochi decenni ha visto la drastica riduzione delle proprie memorie, almeno di quelle considerate pubbliche o di pubblico godimento.
L'elencazione per l'ennesima volta delle sparizione, delle mutilazioni, delle sottrazioni , rischia di diventare un mantra destinato a provocare un fastidioso rumore di fondo per l' indifferenza e l'insofferenza spesso generale. Perché la memoria non sia relegata agli archivi o alle cronache ma possa contribuire allo svilupparsi della consapevolezza e della responsabilità , ecco comunque due esempi indicativi e paradigmatici delle sensibilità di tutte le “ intellighenzie” politiche e amministrative di questi anni :
la collezione della chiesa Parrocchiale che il Decano don Giampaolo ha amorevolmente recuperato, custodito e condiviso nelle occasioni più importanti. Un piccolo tesoro, residuo di un patrimonio un tempo ben più consistente al quale aggiungere la sacrestia della parrocchiale;
e poi il lascito Dalla Laita del quale si è già trattato e che giace ignorato e gelosamente ed esclusivamente custodito .
Eppure prima di lasciare l'incarico, don Giampaolo aveva proposto una convenzione al comune per l'affidamento del tesoro” religioso” che affiancato alla collezione Dalla Laita avrebbe potuto trovare una dignitosa collocazione per una condivisione più ampia.
Al momento questa illuminata proposta non sembra animare i pensieri di quanti recano la responsabilità non solo della conservazione ( che vivaddio, visti i precedenti non è poco!) ma della loro valorizzazione. Gli spazi non mancano e l'interesse neppure, come la poca intraprendenza e un minimo di lungimiranza.
Fortunatamente è ancora possibile avvalersi di altre forme per tramandare i ricordi e le testimonianze, gli accadimenti e ricostruire parti della trama di quel tessuto che è in gran parte inesorabilmente scomparso: la memoria orale, la possibilità di attingere al vissuto delle persone anziane, recuperando da loro preziosi ricordi ed esperienze che aiutano la messa a fuoco di momenti , piccoli ma significativi della storia della città.
E' il caso delle vicende che hanno contrassegnato il Cinema – Teatro Sartori del quale spesso si riportano testimonianze, si cercano risposte, si avanzano ipotesi ( spesso fantasiose) si cerca insomma di capire come è stato, quale funzione aveva, il perché di una cosi profonda modificazione.
L'ascolto , il confronto, lo stimolo a rievocare affiancato dalla ricerca consente a volte l'individuazione di alcuni momenti salienti della vita di questa nostra Istituzione che fu Culturale e Sociale.
Il Primo Teatro G. Sartori
Nacque come Teatro, il tipico teatro Goldoniano cosi diffuso nelle cittadine del Veneto ; con platea e due file di palchi assegnati alle famiglie maggiorenti della citta: Debiasi, Sartori, Lodron, Scomazzoni, Pizzini ….... Un delizioso gioiellino ricordato certamente ancora da molti ma del quale assai rare sono le testimonianze fotografiche. L'aspetto , dalle descrizioni, dalle dimensioni e dal prestigio già allora decaduto della Città, potrebbe essere ben rappresentato dall' allegata fotografia.
Oltre ai Palchi disponeva di una sala Fumoir e caffè , quella che divenne successivamente il magazzino della Banda Sociale.
Qualche idea per recuperare questo spazio prezioso per proiezioni d' essai o per altre attività con costi inferiori a quelli che l'uso del Cinema/ Sartori richiede, sono stati avanzati, esplorati, discussi analizzati e.....demandati a tempi migliori.
Il teatro ospitava compagnie di prosa , operette e qualche riduzione della grande Operistica nazionale.
L'intermezzo bellico e la fine
L' entrata in crisi del regime Fascista, determinatasi con la riunione del Gran Consiglio del 25 luglio, induce le forze armate tedesche a mettere in essere le prime misure atte a facilitare l' occupazione del suolo italiano. La dislocazione di contingenti militari nei punti più sensibili della rete viaria rientra chiaramente nelle azioni preliminari e Ala è, senza dubbio, uno dei punti critici.
Uno dei primi atti che sanciscono l'occupazione militare di fatto della Città è la:
"Dichiarazione con la quale il sottoscritto Comandante del Presidio di Ala dichiara che il Teatro Sociale di Ala è stato occupato dalle truppe germaniche negli ultimi giorni di luglio al 10 ottobre 1943. Tale occupazione avviene in permanenza per il continuo susseguirsi di vari reparti e di varie armi delle Forze stesse. Detto Teatro deve essere pure tenuto anche ora a disposizione del Comando Presidio per eventuali accantonamenti di truppe".
Il Cinema /Teatro G. Sartori post bellico
Terminata l'occupazione militare , il Comune di Ala incaricò l' Impresa Pinter Santo (Tolora) per riadattare il Teatro a sala Cinematografica. I lavori furono condotti i modo spartano, senza alcun riguardo conservativo o stilistico i palchi furono abbattuti , le poltroncine “scomparse” , il pavimento rifatto ma le preoccupazioni delle Amministrazioni erano rivolte altrove e così in pochissimo tempo e senza riguardo il Teatro venne trasformato in un tetro capannone . Un parallelepipedo squallido , poco accogliente e ancor meno tecnologico e funzionale. Sufficiente alla proiezione di una cinematografia di terze e quarte visioni quasi tutte appartenenti ai “B movie”.
Della prima gestione – affidata a gestori Veronesi - - sino al 1953-5 - si ricorda il nome del Proiezionista: Giuseppe Mondini , forse ricopri per breve periodo lo stesso ruolo presso la Casa del Fascio di Viale Malfatti ( vedi sotto) e il titolo del primo film: Bellezze al Bagno . Film statunitense del 1944.
Successivamente- forse anche per l'impetuosità dell'esordio - venne affidato in gestione ad una Società mista ( Laico-Clericale) costituita dalle Famiglie : Foss ( Umberto - detto Berto - il proiezionista, Rosetta la Cassiera, Remo il gestore di sala ) , Bosio Alessandro ( cui subentrò il figlio Fabio) , con il figlio Guido che si proponeva spesso come maschera di Sala e infine dalla rappresentanza Clericale impersonata dall' allora decano don Stefani , sicuramente quest' ultimo con il compito di verificare e dare attuazione alle indicazioni del CCC – Centro Cinematografico Cattolico – per salvaguardare la morale cittadina e indirizzare i Media verso l' ortodossia .
Vigeva allora, un doppio giudizio etico-morale e di opportunità di visione, sulla cinematografia come su tutti gli spettacoli: il visto di Censura che accompagnava il film nell'intero corso della sua vita contrassegnato dall' indicazione obbligatoriamente posta sulla Locandina.
Nella fattispecie di Ala il trespolo stazionava in un luogo privilegiato rappresentato dall'angolo di via Vellutai con via XXVII Maggio. Presso la Bacheca della Chiesa era esposto invece il giudizio/consiglio del CCC. (per tutti, per adulti, per adulti con riserva)
Le locandine degli spettacoli erano , se del caso, riportavano l'adesivo di cui sopra : vietato ai minori di 16 e addirittura - raramente - dei 18.
La violazione comportava sanzioni anche penali.
Superfluo dire che la programmazione non si spingeva nei territori della denuncia sociale, del sesso, della violenza; il Neorealismo allora trionfante era considerato tabù. Trionfavano i i film di propaganda USA; ma eravamo negli anni 50 in piena guerra fredda e il nemico era per definizione il “Muso Giallo” e il Muso Rosso” . Nulla di politicamente corretto quindi.
Nel 1957 con l'avvento del cinemascope venne ampliata l'area dello schermo e ricavato conseguentemente un palco, sufficiente per la riproposta di qualche spettacolo teatrale o musicale.
Vennero pure risistemati i servizi ( esterni).
L'esordio del Nuovo Formato (Todd AO) avvenne con il Colossal “ La Tunica”. (del 1953!)
L'incipit del racconto è ambientato nel mercato degli schiavi, e il fotogramma con l'apparizione di un'avvenente fanciulla con la spallina della tunica abbassata, venne censurato dall'autorità clericale, quindi tagliato e riposto con gli altri. (nulla di diverso da quanto Tornatore ha raccontato nel suo Nuovo cinema Paradiso) . (Franco F. ndr)
La tecnologia e l'arredamento non concedevano nulla al comfort e tanto meno al lusso o a qualche abbellimento.
Pavimento in cemento, pareti a malta e olio , sedie in legno, con la seduta pieghevole, piccole , scomode , cigolanti e traballanti .
In sala si fumava, si mangiava e si beveva, il rumore o addirittura gli schiammazzi erano incessanti e il via vai di spettatori si succedeva in continuazione per l' intera proiezione.
La tecnologia era quella dell'epoca : le attrezzature recuperate da altre sale, l'audio e l' acustica sarebbero ora improponibili.
In verità l'acustica di quel tempo è stata gelosamente conservata anche nel rinnovato Cinema Sartori assieme a qualche altra non marginale caratteristiche come il desiderio per la bottiglia di acqua calda che qualcuno allora si portava alla proiezione . Il tutto per rendere la visione un esclusivo atto di amore e di coraggio nei riguardi del cinema. Allora come ora
Le proiezioni avevano luogo tutte le sere con l'eccezione del Venerdì; un solo spettacolo alle ore 20.30, mentre la domenica iniziavano alle 14.30 – 15 per proseguire ininterrottamente sino alle 23.
La concomitanza con particolari festività religiose , posticipava ovviamente gli orari di inizio.
Una rigida sorveglianza era esercitata per impedire , soprattutto ai ragazzi, una visione multipla con una conseguente eccessiva permanenza in sala. Non di rado lo scopo della frequentazione era proprio questo.
Negli anni '60 cominciò il declino.
La facilità di spostamento , la concorrenza di Rovereto con ben tre sale, una certa pigrizia imprenditoriale portarono alla rarefazione delle proiezioni; il tentativo di rilancio con una nuova gestione ne prolungò l'esistenza .
La Gestione fu rilevata da Giuseppe Gaiga che riusci , svincolato da controlli e dal mutare dei costumi, ad imprimere un guizzo di vivacità. Ahinoi piuttosto effimero.
L' affermarsi della televisione, l'avvento della Videoregistrazione e dei VCR infierirono impietosamente sulle sale cinematografiche.
Negli anni '90 furono circa 4.000 quelle che chiusero i battenti in Italia e tra queste non mancarono sale storiche e prestigiose.
La seconda “ricostruzione”
I lavori della seconda ristrutturazione ebbero luogo negli anni '90 e portarono alla costruzione di un ibrido senz' anima, adattato a molte funzioni e quindi inadatto a rispondere con efficacia e dignità a nessuna di queste.
Non rende giustizia al Cinema e le rappresentazioni teatrali possono disporre del palco e di pochi, tristi camerini. L'immagine d'insieme è alquanto desolante, metà Magazzino metà Fattoria.
Tra il 2013 e il 2015 si attuò una profonda modifica della tecnologia che divenne digitale. Non più pellicole e macchine 35mm per la proiezione bensì l 'invio tramite la Rete e in formato digitale del Film e la sua proiezione con videoproiettori ad alta definizione. Un passo opportuno ed efficacie, …...ma solo un passo.
La nuova Amministrazione sembra avere in progetto la ricostruzione del Cinema/Teatro. Una pesante ristrutturazione che cancelli quell'incomprensibile architettura che l ' ha relegato al rango di magazzino del Con.co.pra, e capace forse di ridare dignità alla Sala recuperando anche la saletta sopracitata.
“El Cinema Merican”
Costruito nel 1914 e chiamato “ Cinema Moderno”, fu per oltre un trentennio la sola sala di proiezione della città.
Durante il ventennio, consapevole del ruolo del cinema e della documentaristica nella propaganda del regine, ad Ala venne valorizzato fino ad essere definito il Cinema Americano.( forse per la profusione dei mezzi dispiegati). Una costruzione semplice in cemento, “ingentilita” dalle allora in auge decorazioni Liberty: adibita a luogo di proiezione ma che in determinate circostanze ospitava anche la Filodrammatica di Ala.
A guerra finita divenne magazzino dell'Impresa Pinter Santo ( quasi una nemesi) , dimenticato , misconosciuto e demolito per far posto alla Palazzina di Via Marconi .
Il Cinema/Teatro presso l'Oratorio
Una seconda sala Cinematografica che affiancava il Teatro Sartori (riconvertito a sala cinematografica nella seconda metà metà degli anni '40) , si trovava presso l' Oratorio Parrocchiale.
Ben diversa la destinazione della Struttura. La Cinematografia , con cadenza solo domenicale e con un' unica proiezione, era solo una delle funzioni cui era adibita la sala che ospitava incontri della Scuola, della collettività, spettacoli locali, e rappresentazioni teatrali, la dottrina e gli incontri importanti per la vita ecclesiastica.
Si pagava un biglietto ma i non abbienti che girovagavano schiamazzanti nei cortili adiacenti, erano ammessi in sala nel secondo tempo a titolo gratuito.
Primo proiezionista fu Berto Foss cui succedette nel 54-55 Francesco Marasca e poi Giuseppe Gaiga . Una continuità vocazionale nella linea del tempo.
Agli inizi degli anni '60 si tentò un suo rilancio trasformandolo in sala Industriale . Ma lo scopo era quello di bloccare altre iniziative concorrenziali esaurendo così il numero di licenze che allora venivano concesse in percentuale alla popolazione .
Chiuse con dignità e prestigio la vita di sala per proiezione, ospitando il Cineforum sul finire degli anni '60, apprezzato e frequentato con assiduità e condotto con garbo ed efficacia dall'allora Vice Rettore del Convitto Franco Franchetti.
La Casa del Fascio
Il Ventennio aveva molto investito sull' E.I.A.R ( Ente Italiano Audizioni Radiofoniche). Il Braccio mediatico della propaganda del regime che aveva il suo principale strumento nell' Istituto Luce.
Cinegiornali di propaganda composti da alcuni semplici ma ben confezionati servizi , che venivano proiettati capillarmente.
L'abitudine rimase anche nel secondo dopoguerra quando a scadenza imprevista si presentava in Piazza S. Giovanni il Pulmann Blu dell'Istituto Luce per proiettare , la sera , o un film ( di propaganda) o alcuni Cinegiornali.
Ad Ala nella casa del Fascio , che aveva sede dove sorge la Cassa Rurale della Bassa Vallagarina, nel grande cortile adibito a parcheggio , esisteva un piccolo manufatto con due feritoie per la proiezione. La Casa del fascio era “ ob torto collo “ luogo di affluenza e frequentazione da parte della popolazione e non poteva quindi mancare , tra le varie iniziative, l'impiego del Cinema/documentario d' informazione.
Queste le vicende integrabili da una ricchissima aneddotica che appartiene a molti di quelle generazioni.
Considerazioni
Una stagione Cinematografica e una Teatrale animano per due periodi l' anno il glorioso Cinema/Teatro G.Sartori . Una cinquantina di serate l'anno o poco più.
Poco, troppo poco per non dire nulla , per una Città che non dispone di altri luoghi pubblici per spettacoli, eventi, incontri e riunioni Istituzionali, Associative o private.
Scarso l'utilizzo anche per l'esorbitante costo dell' affitto. Costo che dovrebbe comprendere il cosidetto “ Service “, che non di rado si rivela inadeguato .
Questi i ricordi , questa la memoria che si sta diradando e che si incontra ormai solo in alcune persone vivaci e attente depositarie di quella piccola storia, di quel costume e di quella società destinati a scomparire perchè ritenuti inutili . Una analogia con Fahrenheit 471.
cordialmente Luciano
PS Ringrazio la signora Matilde Leonardi- Scomazzoni per l'affabilità e lucidità con la quale accetta spesso di rispondere alle tante domande sugli avvenimenti della città , visssuti in prima persona o patrimonio di una famiglia, la Sua, che ricoprì un ruolo importante nella vita cittadina, almeno in questo secolo breve. La Signora Matilde è tutt'ora in possesso della chiave del Palco n. 13 del Teatro G.Sartori. Un grazie anche a Franco Foss custode di un'immensa anedottica che sviluppa il suo meglio in un contesto anagraficamente omogeneo e nostalgico.
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