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- Pubblicato Mercoledì, 18 Luglio 2012 20:21
- Scritto da Rizzi Luciano
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UNA FARFALLA PRENDE IL VOLO ?
E da dove se non da un bozzolo doveva rinascere la cittadina di velluto? Certo nel bozzolo la metamorfosi tra bruco e farfalla non è ancora perfettamente conclusa, ma da quanto si può intravedere in controluce, la speranza di veder nascere quel magnifico Lepidottero si sta facendo concreta.
Fuor da metafora la recente edizione testé conclusasi, in alcuni suoi aspetti qualcosa ha lasciato intuire, in un insieme forse ancora eccessivamente variegato dell' offerta, l'embrione di un consolidato progetto per il domani sembra sufficientemente decifrabile.
Il mix dell' offerta appare forse troppo composito, l'elastico tra la componente erudita e l'opzione popolare si è dimostrato eccessivamente allungato, il desiderio legittimo di accontentare palati diversi , l' apprensione di tenere alto lo spread delle presenze ha prodotto qualche ridondante concentrazione nell'offerta determinando non di rado un' incresciosa sovrapposizione obbligando quindi a scelte non gradite.
Ma tutto questo può essere letto come un accettabile errore di percorso su una strada che si sta probabilmente delineando e che la kermesse tra molte luci e poche ombre ha saputo mostrare.
Intanto sono tre i fattori positivi che vanno evidenziati : il primo definibile “ideologico” è l'aver allargato l'area della festa verso zone da qualche tempo dimenticate; aver inserito il nucleo storico della città, quello che solo una lettura superficiale può ritenere lontano perchè meno ricco di sete, di passate glorie e di nobili residenze da ostentare , vale un primo apprezzamento.
Ancora in modo incerto, marginale spesso episodico e sicuramente da rielaborare per una stabile valorizzazione, la Villalta è stata sdoganata mostrando potenzialità inespresse e sinora poco comprese ; qualcosa da utilizzare magari come prologo . E infatti........
“ Tutto ebbe inizio lì......" racconta il Pizzini nelle sue cronache . Fu presso tre locali della vecchia Canonica che monsignor Buonacquisto concesse a Giovanbattista Taddei di “impiantare “ i primi telai fautori di quella ricchezza che rotolando a valle avrebbe poi ridisegnato la città settecentesca.
Chissà, forse nelle prossime edizioni sarà possibile inserire nei percorsi e nelle manifestazioni, la Zigatteria, el Tof, via Ortombina/la Parrocchia, Largo Vicentini con il suo ultimo opificio , con il rimpianto della vecchia Roggia (il cui ripristino glorificherebbe senz'altra fatica, qualsiasi assessore alla Cultura) , ancora con il tessuto più minuto e le sue case popolari ammonticchiate ma ricche di storia e di vita, con i cortili che ripropongono ancor oggi una non del tutto dimenticata umanità. Li dove attraversare la strada è veramente attraversare la storia.
Proprio il recupero dei cortili, anche di quelli “ minori” è l'altro merito che riconosciamo a questa edizione e in questo sembra di cogliere un ritorno alle origini, alle primissime edizioni nelle quali la festa di popolo e il coinvolgimento era palpabile negli allestimenti tanto ingenui quanto suggestivi.
Nei cortili e nelle corti nelle quali si svolgevano i riti di un ordinaria quotidianità, vi si possono trovare testimonianze altrettanto vitali e pregevoli quanto quelle degli androni signorili dei lussuosi palazzi. Non di soli nobili, notabili, gran dame e cicisbei era formata la città, anzi! E dimenticare questa alterità più che una colpa è una mancata opportunità.
Alcuni allestimenti e coreografie apparivano incerti, alcune animazione e attività si sostenevano in modo precario, certune non apparivano chiaramente contestualizzate, mentre altre risultavano estemporanee. Ma la partecipazione e il coinvolgimento dei proprietari, dei volontari, testimoniavano il desiderio di un'appartenenza e un desiderio di volersi riconoscere in un' identità comune . Tutto questo è oltremodo positivo e meritorio anche per gli organizzatori e le “osservazioni” vanno intese come contributo e non come critica. E infatti gli apprezzamenti, anche a voce alta non sono mancati.
Il terzo merito è aver cercato di rendere armonioso il mix tra la genuina semplicità di una festa di popolo con i suoi momenti gastronomici, le offerte culinarie e la leggerezza di qualche intrattenimento, con gli spazi e i momenti di maggior spessore culturale.
Riservare in futuro qualche prestigioso (oltre che grande) cortile o spazio a momenti collettivi anche se non necessariamente culinari, potrebbe contribuire a differenziare l'offerta della festa valorizzando aspetti ora sottotraccia .
Il tentativo di bilanciare, facendo convivere il divertimento di piazza con la celebrazione di una storia attraverso alcuni significativi eventi, ci sembra lodevole, qua e là tentennante ma di fatto riuscito; è ancora fragile la regia, nebuloso il contorno di un progetto teso a rendere più armoniche le due anime, e far convivere questa doppia esigenza.
Si tratta di una sofisticata tessitura nella quale l'ordito letterario si incontra con la trama della leggerezza della festa per dar forma ad un armonioso velluto.
Alcune delle edizioni trascorse eccedevano alternativamente ora verso l'uno ora verso l'altro di questi due poli scivolando non di rado in qualche eccesso che trovò il clou nell'anno Mozartiano con i carretti allegorici. Ma molto altro di apprezzabile si riscontrava allora nei lodevoli tentativi di introdurre il teatro, la recitazione, la musica colta, l'intrattenimento sofisticato in spazi che ora sono chiusi.
Il fulcro della festa è la Piazza S. Giovanni e così dovrà essere ma disegnando per essa un percorso con una maggiore armonia stilistica, con un ruolo più omogeneo nel tema, ottenendo oltretutto il vantaggio di ridurre i costi dei troppi allestimenti scenografici.
Opportuna la scelta di un solo week end ma non ancora del tutto fluido “il passo lungo” per animare le strutture permanenti e dar continuità al calendario . Necessità questa oltremodo urgente con l'approssimarsi dell' apertura di Palazzo Taddei e la, per ora remota, restituzione di Palazzo Pizzini ( alla Casa Nova) con un carico di opportunità e responsabilità da far tremare i polsi, Ma questa è una storia da scrivere.
Infine la protagonista, la nobildonna decaduta che per tre sere l 'anno si incipria il naso, cerca di nascondere le rughe, stringe il busto, apre il baule della sua dote un tempo preziosa e si offre, settecentesca cortigiana, ai riti pagani della festa. Ala. La città che troppo spesso gli amministratori dimenticano, trascurano e qualche volta deturpano, molto più per noncuranza e dabbenaggine che per malizia. Tre giorni di un lungo, gioioso, forse eccessivo perché effimero carnevale, un “Te ricordet” prima di quella lunga postuma quaresima nella quale ridiventa Cenerentola.
Non ci sono voti, né pagelle, né giudizi né condanne o sperticate lodi, si guarda in controluce un' iniziativa che ha vissuto nel tempo, momenti di splendore, di compassata decadenza e di crisi ma che come la lunga storia dell'arte serica in Ala, qualcosa , gratta gratta sotto le disconnesse strade, le rabberciate facciate di cadenti edifici, è ancora facile intravvedere.
Una parola infine anche se fuori contesto per il Parco Pizzini: un richiamo alle sue grandi potenzialità, al ruolo che potrebbe giocare per l'intero comparto cultural - ricreativo della città, per l'intimo godimento che si prova in questo lembo di passato, la cui sopravvivenza è affidata alla sensibilità degli amministratori e per il quale la città dovrebbe mobilitarsi.
Tanti i modi per salvaguardarlo: ponendolo sotto tutela con gli strumenti che l'ordinamento concede, mediante la sua acquisizione con scopi diversi dalla speculazione o dalla sua parcellizzazione a scopi edilizi, lontano comunque da ogni forma di baratto con progetti tanto utili quanto eccessivamente ambiziosi. Un atto di rispetto che si concretizza ponendolo semplicemente al servizio della città.
Che la tantissima gente presente, il clima di serenità e lo spettacolo del Parco illuminato e animato, faccia riflettere il nostro primo cittadino certamente presente alla manifestazione, orientandone le scelte verso altre realizzazioni, più equilibrate, più convenienti, accessibili e ragionevoli.
La gratitudine della città dovrebbe costituire da sola un appagamento sufficiente .
Vorremmo tanto crederlo.
Luciano Rizzi