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- Pubblicato Mercoledì, 07 Novembre 2012 21:07
- Scritto da Redazione
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La Palazzina di caccia
Sarebbe oltremodo ingeneroso andare col pensiero alla palazzina di Caccia di Stupinigi eretta dall'architetto Juvarra per i Savoia nel '700 per descrivere la recente realizzazione in val di Gatto, in uno slargo dove la strada proveniente da Passo Buole si ricongiunge con quella risalente da Pozzo Alto o Perobia, ma un confronto almeno all'approccio ideale, quello si.
L'edificio della Malga omonima è stato riconvertito per un impiego diverso dall'originale per consentire l'espletamento delle necessità del tempo libero per gli appassionati dell' attività venatoria.
Grazie anche ad una lungimirante politica di recupero degli edifici ormai abbandonati con finalità diverse da quelle originarie , alcune baite di montagna sono state riconvertite salvaguardando spesso la memoria di un 'architettura povera ma interessante sotto il profilo antropologico.
Ma quanto sin qui fatto ha poco a che vedere con questa ristrutturazione recentemente completata. Laddove infatti in similari situazioni la prescrizione d'intervento ribadita dall'ente pubblico è stata tassativa nel rispetto della tipologia architettonica originale, dei materiali da impiegare , nella limitazione di elementi di sovrapposizioni, qui in Val de Gat , nella fattispecie, la precarietà dell'attenzione è oltremodo evidente.
E dove?
Nella parte più visibilmente impattante! Nel tetto!
Unico dei c.a. 37 edifici che costituiscono il patrimonio edilizio/pastorale del comune, quello di val de Gat è il solo con il tetto in lamiera. Per tutti gli altri la copertura è in pietra della Lessinia. Una lucida e splendente lastra di laminato zincato con grandi gronde e terminale degli scarichi …... in plastica (ma sembra siano provvisori).
Completa l'intervento un camino in perfetto stile Lessinia la cui coerenza stilistica con il tetto rimane un mistero, un pò troppo perfetta appare la rifinitura dei contorni delle finestre in contrasto con il resto della muratura peraltro rispettosa dell'originale. La baita in verità è alla sua terza riedificazione; la penultima, quella completata nel secondo dopoguerra, aveva il tetto in cemento, ma se ristrutturazione con restauro si doveva fare che questo si ispirasse ai canoni stilistici delle altre malghe del Comune (tutte tra loro simili se non uguali!).
Insomma un mix architettonicamente non di grande effetto soprattutto per colpa del tetto che avrebbe potuto essere almeno di rame.
Si potrà obiettare che tanto la posizione è decentrata, la frequentazione scarsa (e non è vero), che l'alternativa sarebbe stata la demolizione per cause naturali ma suonerebbero fasulle visto l'impegno profuso dall'Associazione e gli oneri finanziari sostenuti dal Comune, entrambi probabilmente disponibili per una soluzione diversa.
Ma allora perché questa deroga considerate le attenzioni e prescrizioni poste in tutti gli altri analoghi interventi dove l'approccio è stato ed è cosi doverosamente attento e cautelativo?
Perché i gruppi che hanno provveduto al recupero e conservazione della Malga Cornafessa, della Malga Castelberto, Boldera, Fratte, Revoltell , Foppiano e Barognoll, oltre al Lavaciom, Lavacett, Coe de Ala (queste ultime direttamente dal comune), sono intervenuti rispettando indicazioni che in qualche caso rasentano (una doverosa) maniacalità?
Evidente in qualche caso il Servizio Beni Culturali qualcosa concede in deroga …..
Nulla invece da eccepire sull'interpretazione filologica del luogo.
Il terreno circostante ricorda le cosidette “ abbattute” , un termine con il quale il genio militare definiva “ la creazione di una zona resa artificiosamente sgombra per il tiro d'artiglieria in previsione di un evento bellico”. Il limitare del prato è infatti ingombro di materiale legnoso, dei resti di tronchi abbattuti , ramaglia varia. Il tutto quasi ad arte per impedire infiltrazioni e avvicinamenti non desiderati e avere il pieno controllo del terreno circostante.
La redazione
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