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- Pubblicato Lunedì, 09 Ottobre 2017 08:00
- Scritto da Rizzi Luciano
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Quando Ala si diede la “Scossa”
La Centrale di Maso Corona e dintorni
Betti, Rossettini, Succi, Ballabeni, Benatti, Mattioli Brunelli, Bisighini, Scalet, Ferone, Montagnolli, Ferri, Stoppa, Corsi, Perinelli, Motta, Corradini, Pinardi, Brancorsini Colato Salaorni....... alcuni dei tanti cognomi di famiglie arrivate o formatesi ad Ala negli anni 50. Tutti lavoratori che il fermento di quegli anni di ricostruzione spostava da una parte all'altra dell'Italia al seguito delle Grandi Imprese chiamate a ricostruire il paese e dare lavoro ad un' economia asfittica.
I grandi Cantieri e tali lo erano per la mole, l'impegno finanziario, la quantità si lavoratori,; riguardavano le infrastrutture (ferrovie , telefonia viabilità) ma in particolar modo i segni tangibili sul territorio sono rappresentati da ciò che riguarda lo sfruttamento delle risorse idriche .
Si consolidava in quel decennio il Trentino elettrico; riprese vigore un settore che negli anni 30 ci aveva portati ai vertici europei della produzione idroelettrica e che la Guerra aveva sconvolto.
La seconda metà degli anni 40 vide il paese impegnato a porre le basi della democrazia, a definire un assetto istituzionale e costituzionale , a posizionarsi sullo scacchiere internazionale.
Sul piano materiale l' Italia era allo sfascio. Dalla Sicilia al Brennero solo un desolato panorama di rovine . Non disponevamo pressochè di nulla. Nulla di materiale : le fabbriche erano distrutte pochissime le infrastrutture efficienti , da ricostruire i centri di controllo e governo. Eravamo privi di tutto ; sopravviveva solo un grande volontà di rinascita e la speranza di ripartire anche ricominciando dal niente.
La Valle dell'Adige era un bianca linea di macerie, campi da bonificare , una agricoltura di sussistenza, inesistente l'allevamento , nessun stabilimento, opificio, struttura produttiva od estrattiva . Si viveva alla giornata con le poche opere che la ricostruzione del tessuto viario proponeva con lentezza .
La Valle si presentava piatta, e così pure le pendici dei monti. Nessun segno degli innumerevoli tralicci che dal Trentino avrebbero un domani trasferito quell'energia vitale per la rinascita del paese.
Era il tempo nel quale ci si offriva “ a giornata” , si contrattava cioè per una sola giornata di lavoro, quanto bastava per mangiare e per continuare a sperare nel giorno successivo. Una forma di lavoro della quale si pensava di aver perso la memoria , ricomparsa dopo il tempo della Grande depressione e drammaticamente presente nel secondo dopoguerra in tutti i comparti lavorativi, dall'agricoltura all'industria, all'edilizia . Una forma di bracciantato da sempre presente nelle regioni depresse e che nella moderna Globalizzazione sembra abbia notevoli possibilità di imporsi come nuovo modello di lavoro.
I sopravvenienti anni 50 si contraddistinsero sin da subito come antesignani del miracolo economico. Non ancora quello dei consumi di massa, della disponibilità e del risparmio, ma quelli del lavoro, delle opportunità, di quella speranza che lasciava intravvedere segnali positivi.
Prima fu la Cartierina, un tempo “l'orto del Comune” poi l'esplosione delle grandi infrastrutture elettriche , telefoniche ferroviarie , poi la Metalmeccanica con la Slanzi, il tessile con Il Creolina ( nell'attuale sede dei Pompieri) , l' Istruzione e la scuola non rimasero certo al palo. Grazie alle ACLI vennero avviati i corsi di Formazione Professionale prima con i cantieri edili delle Case Minime, poi con la Scuola per metalmeccanici - succursale di Rovereto - ospitata nella Casa delle Acli ( anch'essa una delle primissime costruzioni del dopoguerra e figlia di un Cantiere Scuola ) …..........e poi fu un crescendo per tutti gli anni 60: La Motta, l' Orlandi, il Baraldi, l'ORA, la F.I. LL.PA, la Molveno , imprese edili locali : F.lli Leonardi, Baita, solo per citare le più grandi ma molte altre , spesso a conduzione familiare , contribuirono allo sviluppo o risanamento della Città.
Ma , al tempo:
Furono i grandiosi cantieri idroelettrici che per tutti gli anni 50 caratterizzarono il paesaggio, diedero lavoro a centinaia di persone, favorirono la crescita dell' indotto e diedero vigore ad un esile tessuto commerciale e edilizio e alberghiero . E' pur vero che gli appalti erano affidati alle Grandi Imprese Nazionali che si presentavano sul territorio pressochè autosufficienti negli organici tecnici, nella manodopera almeno in quella qualificata e nei quadri dirigenziali, ma i benefici furono comunque subito avvertiti. Non furono duraturi ma offrirono occasioni e momenti di crescita.
Quello fu un decennio di grandi opportunità per la città che sembrava poter recuperare il suo antico splendore, ridiventando Centro di interessi, di capitali, di iniziative pubbliche e private. Lo fu certamente di crescita sociale e civile cui contribuirono le nuove nuove famiglie giunte ad Ala o quivi formatesi . Fattore positivo di quel rimescolamento di culture e abitudini che inevitabilmente avvenne e con ottimi risultati.
Lo sbarramento SIMA ( la Diga) e il canale Biffi vennero ultimati ancora nel 46 ma fu nel 1953 che - con una tempistica che oggi stentiamo a comprendere - venne completato l' impianto in caverna di Campagnola con l' annessa Condotta di derivazione , pure essa interamente scavata nella montagna, delle acque dell'Adige prelevate a Mori.
Non mancarono le sofferenze e il dolore era un assiduo frequentatore ; molto lavoro tanta frenesia ebbe il suo prezzo. Fu spaventoso e pagato in vite umane . 21 caduti sul lavoro nei cantiere di Campagnola/Mori e tanti , troppi altri, morti per cause di lavoro. Tre caduti al Km considerato che la condotta di alimentazione si sviluppa per 9 km. Il suono lacerante della sirena annunciava un incidente ed era foriero di angoscia per le famiglie dei lavoratori.
AGSM e Maso Corona
Tutta questa animazione e frenesia oltre che dell' intraprendenza imprenditoriale , fu figlia del vertiginoso aumento della domanda di energia, della scarsa burocrazia, dei ridotti controlli, dell'inesistenza di vincoli ambientali, e dell' ampia disponibilità di manodopera; fu così che tutti questi fattori portarono nel 1955 l' allora AGS di Verona ( Azienda Generale Servizi) a progettare un complesso sistema di opere che partendo dalla Diga di Speccheri in Vallarsa avrebbero portato l'acqua del Leno sino a Pozzo Medio , accolta nella camera d'invaso per poi precipitare dopo un vertiginoso salto di oltre 650 metri per produrre energia nella sottostante Centrale di Maso Corona. ( Il nome è mutuato dal vicino Maso).
Si trattava di un complesso integrato dalla Centralina di Valbona con captazione del Torrente Ala alle Acque Nere e la loro adduzione tramite una canaletta a cielo aperto sino alla vasca di raccolta di Pozzo Basso sopra la località Brustolotti . La Centrale è posta sul sottostante alveo del torrente Ala di fronte a Maso Moschini.
Un Complesso sistema di Vasche di Carico e stazioni di Pompaggio avrebbero dovuto riportare parte delle acque già sfruttate, al Bacino di Raccolta di Speccheri in un pendolo ininterrotto destinato a smentire il vecchio adagio per cui “ Acqua passata non macina più”
Intermezzo 1. - Il BIM
Sono quindi 3 gli impianti di produzione che insistendo sul territorio comunale : Centrale di Campagnola, Centrale di Maso Corona, Centralina di Valbona (ora ferma) , parte dello sbarramento del Canale Biffi, la presenza di una Galleria ( quella di Mori) che transita per un tratto di quasi 9 KM in territorio comunale , poi ancora la canaletta di Valbona che priva(va) la valle dei Ronchi dei benefici derivanti da una maggiore afflusso di acque, il tratto di Galleria che interessa il territorio alense da Cima Mezzana a Pozzo Alto e infine , sia pure in maniera minimale anche il Canale Biffi devìa e sottrae al territorio una certa quantità di acqua. Tutte queste infrastrutture cosi' concentrate su un territorio relativamente piccolo provocano un danno all'ambiente, e in parte all'agricoltura o sono di fatto e in ultima analisi sottratte al godimento pubblico e quindi hanno un prezzo ; fanno si che Ala sia in assoluto il primo comune del Trentino per quantità di Royalties pagate dalle aziende elettriche ( allora) e dall'ENEL dal 1963. e smistate attraverso il B.I.M.
La stessa acqua del Leno che alimenta la centrale di Maso Corona è di fatto sottratta all'Adige Alense per qualche chilometro, e pure questa mancanza viene indennizzata.
Il Consorzio dei Bacini Imbriferi Montani nacque agli inizi degli anni 50 per compensare il Comuni dei disagi, dei danni, delle privazioni/prevaricazioni e dallo sfruttamento spesso indiscriminato che le grandi società elettriche perpetravano sul territorio, sfruttando la preziosa risorsa dell'acqua..
Non esisteva allora l' Enel , ma la SADE la SIMA , la SEA, l' Edison, la Montecatini l' AGSM e molte altre sigle. Una giungla nella quale si muovevano interessi immensi, molte speculazioni, pochi scrupoli ( Vajont) , qualche corruzione e molti pericoli per l' ecosistema.
Compito del consorzio era contrattare appunto un indennizzo per le derivazioni , per gli sbarramenti, per le gli elettrodotti, per tutte quelle infrastrutture che alteravano e danneggiavano i territori e parte delle loro economie. Il calcolo viene effettuato sulla base di alcuni precisi parametri quali la potenza installata nelle Centrali idroelettriche, il danno dovuto alla sottrazione dell'acqua per scopi industriali, i disagi e gli sfregi per la costruzione di gallerie, condotte, sbarramenti, canali, caverne,cisterne / depositi e le indispensabili strade di servizio, la modificazioni dei corsi d' acqua con la cementificazione delle rive, i molti divieti di accesso e tanto altro ancora
Insomma il mancato godimento di un bene collettivo venne quantificato con precisi e variabili parametri ponendo fine all' ”elemosina” con la quale le grandi Aziende compensavano le piccole , ma ricche di acque, amministrazioni comunali.
Sono ca. 500.000 gli € che a scadenza triennale vengono versati al Comune di Ala. Una gran bella somma che unita alle agevolazioni creditizie un tempo ampiamente attinte dai Comuni ha consentito quell' autonomia nelle opere civili altrimenti interdetta.
Luciano
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