Testo fisso

 Per la politica dell'ambiente                                   Chi lotta può perdere,chi non lotta ha già perso! Guevara                                          

panificio dorigattiHA CHIUSO IL PANIFICIO DORIGATTI

 

Ancora un altro tassello della nostra quotidianità  si è staccato dal murales della  piccola storia, un'altra testimonianza  di un passato commerciale, se non fiorente certamente molto colorito del nostro tessuto economico, si  è cancellata.

Con un po' di malinconica retorica  si può dire  che un'altra luce si è spenta in Via Nuova.

Già proprio così il panificio Dorigatti ha chiuso i battenti e la solidarietà che per prima è rivolta agli operatori economici e al personale lavorante  scivola nella tristezza per il frangersi al suolo di un altro pezzo dell'ormai inesorabilmente compromesso tessuto economico della via Nuova e del Centro storico.

Da oltre sessant'anni, fin dove si spinge la mia memoria, in questo luogo della Via, proprio lì, sempre uguale, senza alcuna concessione alla promozione o al marketing come ora si definiscono le ristrutturazioni spesso solo di facciata  per la promozione alla vendita, c'è il ricordo di  un panificio e  di una rivendita di pane e latte   divenuto nel tempo prezioso non solamente per quelli  o per la qualità dei prodotti  raffinatesi ulteriormente in questi ultimi anni  - non di rado nella stagione delle ciliege, lo strudel bisognava prenotarlo e farsi raccomandare – ma anche per la solidarietà che diventava tangibile quanto discreta nei confronti di molti.

In origine era “El Derio”, ovvero Desiderio Sartori, una gestione familiare allargatasi negli anni sessanta ad altri collaboratori, un fiorente caratteristico  negozio che con gli altri 8 allora presenti profumavano di pane la città ( in verità con altri meno graditi odori, ma questa era ancora una Civiltà Contadina) . Si perché se otto erano le rivendite ben tre erano i forni che per quanto industrializzati conservavano ancora  la manualità in molte fasi della lavorazione.

Testoni in via Bresciani, Sartori (el  Derio)  in via Nuova, il Forno Comunale in Largo Vicentini,  El Cutrì e la Leonardi in via Carrera (la Giazzera)  e poi la Gemma  (la Molinera) in via Torre, la Giovanna – detta  per antonomasia ormai   “del pam” anche quando cedette la rivendita ai coniugi Orben per molti persisteva l'antico nome , e infine la Maria (anche Lei del Pan) in Villalta e ben tre forni che panificavano due volte al giorno (Testoni-Derio e Comunale).

Quanto la situazione economica fosse precaria negli anni cinquanta è testimoniato dalla presenza di un Forno Comunale che aveva il duplice compito di contenere i prezzi – ora si direbbe calmierare -  e  praticare la vendita a “credito”. Molte erano le famiglie titolari del classico libretto a copertina marmorizzata dove venivano segnati i crediti, puntualmente onorati, e i pochi insolventi  tali non erano per disonestà e la locuzione “ la gà el librett!” classificava spesso e da sola le condizioni economiche  di una famiglia.

“Berto, el segna sul librett che vegno la fin del mes” era una delle frasi che con maggior chiarezza ricordo riecheggiasse nella allora Provvida dei Ferrovieri.

Un breve inciso per ricordare quanto lontane nel tempo affondavano le radici  di quello storico negozio e con quanta volontà imprenditoriale  abbia saputo attraversare le tante trasformazioni  sociali, culturali ed economiche che hanno contribuito nel bene e  non solo  in quello, a modificare in modo così tangibile la Città.

Non rappresentiamo certo un' eccezione, non è una pecca o un deficit di Ala, il fenomeno è largamente diffuso, ha impietosamente colpito tipologie merceologiche tra loro diversissime, infierito su capoluoghi, città d'arte o industriali, piccoli centri e svuotato la periferia urbana  e la montagna della loro presenza.,

Chiude il Dorigatti – chiamato così in modo familiare, come una vecchia conoscenza -  e la Via Nuova già cupa e triste anche nelle ore diurne, diventa un luogo ancor più spopolato, un percorso silenzioso del quale  rimpiangeremo magari le automobili che creavano dei micro ingorghi e nei quali anche il Vigile più solerte vedeva un guizzo di vita più che un'infrazione al codice;  punte di traffico  delle  quali mai nessuno si è lamentato ma forse un po' compiaciuto per il posteggio che si rendeva disponibile  e una coda che si scioglieva, come nelle città, quelle vere.

Eppure non dimentichiamo che  alcuni auspicavano la chiusura al traffico della Via Nuova e per questo raccoglievano le firme.

Un altro passo verso una dismissione naturale della Città,  intesa come habitat  del commercio, è stato compiuto; prosegue inarrestabile l'eutanasia del Centro Storico ignaro delle promesse e  in verità altro non avrebbero potuto essere perché la politica non sembra poter o saper governare le leggi dell'economia .

Ma avrebbe forse potuto  limitare o controllare lo svuotamento dei Centri storici delle attività commerciali con una legislazione diversa e con altri incentivi e con un minor accanimento fiscale e tariffario.

Quattro Centri organizzati per la grande distribuzione sono presenti sul territorio comunale e lo scheletro di un quinto che arranca nella crescita quanto basta per conservare la licenza edilizia campeggia a sud della frazione di Serravalle.

Predicare il rilancio del Centro Storico e nello stesso tempo concedere autorizzazioni che vanno in direzione opposta, trascinare a zonzo il mercato del Sabato,  ipotizzare  mercatini rionali e autarchici sa molto di elucubrazione  mentale e anche   immaginare la Via Nuova  sede di un grande Outlet per prestigiosi marchi, richiede una grande capacità dissociativa tra sogno e realtà.

Nessun pregiudizio anima questo scritto. I benefici sono incalcolabili anche in termini di offerta di lavoro, di economicità e varietà della scelta.

Solamente prevale ora  la malinconia per una serranda abbassata, per lo spegnersi di quella luce che anche nel buio della primissima mattina richiamava l'attenzione, per il profumo familiare del pane appena sfornato e perché no, anche dell'affabile , paziente presenza delle commesse sempre disposte al rapido scambio verbale, alla conversazione convenzionale e di routine ma contrassegnata  da quella cortesia antica e non di maniera.

Mancherà a molti di quel sentirsi  individuo e non solo cliente, quel rapporto singolare che  molti auspicano ma che non troveremo certamente nel ciclo industriale dei Centri Commerciali.

“Il Panificio Dorigatti ha chiuso, viva il Panificio Dorigatti” così  si gridava un tempo per la perdita delle cose e delle persone importanti.

 

Luciano Rizzi

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