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- Pubblicato Venerdì, 19 Settembre 2014 10:43
- Scritto da Mario Azzolini
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Cento anni fa, una tragedia sconosciuta
Gli emigranti italiani allo scoppio della guerra.
Il 28 luglio 1914 scoppia la guerra tra Germania e Austria-Ungheria da una parte e Russia, Francia e Inghilterra dall’ altra. Il Trentino allora fa parte dell’Impero Austrungarico.
L’Italia invece si mantiene per ora neutrale. L’emigrazione italiana è numerosa nei paesi entrati in guerra (150.000 in Francia, altrettanti in Germania e Austria, 70.000 in Svizzera) e come è facile intuire lo scoppio delle ostilità determina il forzato rientro da tali paesi di una massa di emigranti causato sia dalla mancanza improvvisa del lavoro nell’ edilizia sia dalla cautela dei paesi ospitanti che non desiderano avere stranieri sul loro territorio durante le ostilità.
All’ improvviso, in agosto, comincia il rientro frettoloso di almeno 400.000 italiani e molti transitano dalla linea del Brennero. Convogli terribili composti da una trentina di vagoni, spesso merci o adattati alla meglio (i migliori sono riservati alle truppe per il fronte) , sui quali vengono stipati almeno 50 persone per carrozza.
Il viaggio può durare anche sei sette giorni prima di arrivare al confine con l’Italia , determinando condizioni igieniche spaventose, disagi materiali e liti frequenti sui convogli provocando anche dei morti. Tali treni tra l’altro incrociano quelli che partiti da Trento e Rovereto verso il fronte della Galizia e pieni di soldati Trentini richiamati. Quindi una grande confusione nelle stazioni principali.
In tale occasione, come riportano i quotidiani dell’epoca , si manifesta una grande solidarietà dei trentini nelle stazioni dove sostano i convogli . Appositi comitati sorti per iniziativa soprattutto della borghesia locale aderenti alla Lega Nazionale (Associazione che tutela l’italianità delle cosiddette terre irredente) aspettano i convogli diretti al Sud e offrono dei generi di conforto a questi poveri emigranti (chiamati regnicoli) ai quali non pare vero di udire parlare italiano e sentire il calore di persone accoglienti.
Rispondono commossi gli emigranti gridando “Viva Trento” e “Viva la Triplice” . Le autorità militari collaborano e non pongono ostacoli, anche perché fino allora l’Italia è comunque un loro alleato nella Triplice Alleanza. D’altronde la stessa solidarietà si manifesta anche nei confronti dei lunghi convogli di giovani trentini che quasi contemporaneamente partono per il Nord verso il fronte russo e la Galizia.
Cosa c’entra ALA in tutto questo?
La nostra stazione è di confine, i convogli aspettano più del previsto per effettuare i controlli e quindi il disagio è anche maggiore. Come scrive l’Alto Adige del 14 agosto 1914 il podestà di allora Piero Pallaver (probabilmente il padre della ultracentenaria signora Maria ) domanda al Sindaco di Verona l’invio di dieci quintali di pane per rifocillare gli emigranti impegnandosi poi il Comune a gestire la custodia e la distribuzione; ma il sindaco di Verona rifiuta soffermandosi sul divieto di esportare generi alimentari, assicurando comunque che a Verona avrebbero trovato soccorsi.
Ad Ala si saranno senz'altro prodigati in qualche altro modo, anche perché in loco è presente un attivo gruppo aderente alla Lega Nazionale. Un nostro concittadino mi ha riferito la testimonianza della madre, all’epoca quindicenne, che aveva visto transitare questi convogli di disperati costretti a fare i loro bisogni corporali negli stivali e poi a buttarli dalle fessure del treno.
Come poi andò a finire?
In settembre il flusso cessa ma in Italia rientrano quasi mezzo milione di persone su una popolazione allora di circa 35 milioni (ora siamo quasi 60 milioni). Tale rientro forzato determina problemi giganteschi in una nazione , appunto l’Italia, che già soffre di mancanza di lavoro.
Il giornale riferisce che per fortuna il raccolto agricolo si rivela buono e tale da occupare nuove forze e sfamare le famiglie; ma mi pare una conclusione troppo ottimistica pubblicata per non creare allarmi e non dare discredito all’ Italia.
Purtroppo in alcune province del Veneto, soprattutto Udine e Belluno, i rientranti assieme alle loro famiglie da mantenere rappresentano quasi la metà della popolazione e l’inverno è alle porte. Figuriamoci poi al Sud.
Tra 8 mesi anche l’Italia entrerà in guerra e gli emigranti rientrati troveranno l’occupazione che certo non si aspettavano.
Azzolini Mario
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