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- Pubblicato Giovedì, 04 Ottobre 2012 22:50
- Scritto da Rizzi Luciano
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S.VALENTINO, SEGNI DI PACE SUL TERRITORIO
I luoghi della Pietà – Montecassino – S. Valentino 1944/1916
Montecassino
Una corona sulla cima di un colle quasi annichilito dall'imponenza del gioiello che lo sovrasta, un bianco mausoleo reso sfavillante dal sole morente dietro i Monti Aurunci, così appare a chi risale nel tardo pomeriggio la Via Casilina , il Monastero di Montecassino.
Uno forziere d'arte e cultura che ha varcato 15 secoli di storia , sorto nei secoli bui quale scrigno dell'eredità di un mondo che moriva, per raccogliere gli aneliti di una salvezza che appariva irraggiungibile, per conservare per poi diffondere l'antico sapere .
Fondato da S. Benedetto, ampliato dall'Ordine Benedettino, distrutto da Longobardi, Saraceni, Normanni e da altri nemici ma rinato dalle ceneri per tante e tante volte sempre più grande, più ricco più potente, omaggiato dai grandi della terra e venerato dagli umili, una gemma che irradiava in un Europa incerta e smarrita quanto aveva saputo amorevolmente conservare ridando speranza alla rinascita.
Per secoli dall'alto del colle dal quale ha preso il nome, Montecassino è stato meta di Imperatori Papi, Re, Principi e Potenti, asilo per chi fuggiva dai pericoli e dalle tentazioni del mondo per trovarvi salvezza e conforto. Per secoli l'Abbazia di Montecassino è stata un faro non solo di ispirazione spirituale , ma del sapere conservato perpetuato e divulgato dalla paziente opera degli amanuensi Benedettini.
Il prestigio accumulato nei secoli era superiore ai pur immensi tesori che essa conteneva . Tesori del sapere, dell'arte e materiali, sempre rispettati, salvaguardati in una sorta di superiore immunità che traeva origine dall' immensa ascendenza accumulata nel tempo.
Eppure nessuno dei grandi meriti e del credito di riconoscenza che l'umanità doveva all'Abbazia fu sufficiente per salvarla dal bombardamento che la devastò e distrusse riducendola ad un informe cumulo di macerie.
Il 15 febbraio 1944 alle 9.30 del mattino 500 tonnellate di bombe cancellarono in un attimo secoli di Storia.
Dal 9 ottobre 1943 al 16 maggio 1944, uomini di oltre venti diverse nazionalità si affrontarono e morirono tra le macerie dell'Abbazia e della sottostante città di Casino o meglio nel nulla nel quale era stata trasformata .
Morirono Inglesi, Americani, Tedeschi, Francesi, Polacchi, Brasiliani, Indiani, Sudafricani, Neozelandesi e Canadesi , Australiani e Giapponesi , perfino Maori e Shik, e altre etnie del vasto Impero Britannico. Morirono in decine di migliaia come ricordano i numerosi cimiteri di guerra , i Cippi e le targhe lasciati nella piana del Liri a corona e rispetto dell'Abbazia, posti sotto i ruderi che ancora promanavano protezione.
Lassù in alto a ridosso dell'Abbazia solo il Cimitero Polacco, discretamente disteso in una conca tra il colle principale e i primi contrafforti dell'Appennino, Solo una distesa di bianche croci, poche scritte alla memoria, nessuna encomiastica celebrazione o riferimenti retorici. Solo le croci bianche di 1.200 uomini venuti a morire in Italia perchè la Polonia potesse sopravvivere.
Il Monastero è stato ricostruito simile al precedente e per quanti non ne conoscono la storia recente , appare immutabile come sempre e infatti nè l'Abbazia nè l'intero Colle, anch'esso considerato sacrario, perché coinvolto da quei tragici eventi, reca manifeste testimonianze postume di quei luttuosi avvenimenti.
Nulla di particolarmente evidente ricorda il dramma della guerra; il Monastero si erge al di sopra dei lutti e degli sconvolgimenti che di tanto in tanto gli uomini hanno compiuto nell'avvicinarsi ad esso.
L' Abbazia ricostruita si è riappropriata del proprio ruolo di dispensatrice di pace, testimone del perdono e della tolleranza, affidando alla sacralità del luogo la surroga ai segni quasi sempre retorici lasciati dall'uomo che spesso ricorre ai morti per celebrare i vivi , in una metamorfosi che scambia non di rado i ruoli.
Immaginiamo l'immenso sforzo e grande maturità di quanti hanno preferito non ricordare con memorie visive i lutti e le tragedie che hanno coinvolto quelle popolazioni.
Dobbiamo ammirare la “pietas” universalmente dispensata , la prova di maturità che per evitare di scadere nella demagogia e nella retorica bellicistica ha voluto stendere un velo pietoso su qualsivoglia forma o tentazione agiografica;
Nessuno è singolarmente celebrato, tutti collettivamente lo sono. Questo il messaggio di Montecassino nella continuità della sua tradizione. L' Edificio è il vero Monumento ai caduti e nello stesso tempo il monito contro gli orrori della guerra; nessuna parola di condanna, nessuna citazione o celebrazione. Questa testimonianza è resa ancor più efficace perché la scelta venne fatta dai protagonisti, dai testimoni, dalle vittime da tutti coloro che a titolo diverso ma accomunati dalla tragedia hanno condiviso la sorte dell'Abbazia.
Non sempre e non dappertutto è così; si ripetono ancor oggi i riti di una memoria resa pagana dalla reiterazione dei modi, dalla ripetizione di stilemi difficili da superare.
Non per revanscismo, sciovinismo, nazionalismo o altri ...ismo, le intenzioni sono lodevoli e gli sforzi encomiabili, ma sembra ancora difficile rinunciare alle categorie dei Vinti e dei Vincitori dei Buoni e dei Cattivi e scendere i gradini dell'orgoglio per un ricordo e una preghiera comune.
S.Valentino
Anche il nostro Santuario di S. Valentino posto all'ingresso di una valle che ha visto in tempi lontani episodi bellici della Grande Guerra e che con il prossimo anno saranno fulcro di manifestazioni, celebrazioni, ricorrenze, è stato in tempi relativamente recenti violato nella sua integrità, rimaneggiato e profanato nelle sue strutture per far posto ad un sacello ricco di targhe, citazioni, date, riferimenti, sigle, rimembranze perfino granate d'artiglieria, il tutto a scadenza aggiornato e integrato.
Proprio un Santuario, un luogo per antonomasia dedicato alla fratellanza e alla pace,
quotidianamente vissuto come luogo di preghiera, è costretto a convivere con i simboli e gli stereotipi di una cultura da tempo in discussione e in decadenza.
Tutto questo è detto ora mentre fervono i preparativi per il Grande Evento della ricorrenza dei 100 anni dall'inizio della Grande Guerra, per proporre l'avvio di una riflessione da parte di quanti saranno chiamati a programmare a decidere a parteciparvi e a collaborare ; un appello verso i valori di una assoluta pacificazione, il richiamo ad un gesto concreto e significativo:
La restituzione completa del Sacro Luogo alla funzione di “porto franco” della spiritualità , la riconsegna a quanti a titolo diverso, sia esso singolo o associativo, vogliono ritrovarsi per ricordare e commemorare nella semplice intensità del proprio personale raccoglimento.
Per coloro che intendono comunque in piena libertà ricordare in modi e forme più confacenti alla loro sensibilità , non dovrebbe essere difficile reperire alternative , riconsegnando il luogo di culto alla spiritualità cui è vocato.
Le corone diventano tristi, gli ottoni bruniscono e i gagliardetti più che garrire sbatacchiano sfilacciati al vento, gli alamari arrugginiscono e le bandiere scolorano , mestamente , come l'eco dei canti, degli ordinativi più rochi che secchi, dei comandi sempre meno perentori, con parole sempre più di ricapitolazione. Come il drappello che poco marzialmente si allontana allo squillo flebile di una tromba, svaniranno nel tempo anche i riti di una frammentata memoria .
E allora , non sono forse più genuinamente accattivanti i “....... mille papaveri rossi” di F. de Andrè ?
PS
Fu il mio defunto padre nel lontano 1962 prima ma nell'ambito , allora si, dei festeggiamenti per i 50 anni della liberazione della Città, a volere fortemente – come Associazione Nazionale del Fante d'Italia - il sacello che vediamo ; (non proprio così per la verità, vi aleggiava allora una maggiore sobrietà e semplicità, ma forse era solo questione di disponibilità finanziarie , ma poi l'Associazione fu sciolta e ….....) .
Sono comunque certo sia stato in buona fede e abbia agito nella consapevolezza di onorare al meglio i Caduti e possa quindi, a postuma giustificazione, godere dei benefici di una storicizzazione del sentimento di allora.
Cordialmente
Luciano Rizzi
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