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- Pubblicato Mercoledì, 22 Febbraio 2017 17:05
- Scritto da Mario Azzolini
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1884 ad Ala apre la Tessitura Gavazzi di Milano,
ultima speranza per i velluti.
“Un comitato di solerti persone amanti della loro città, decisero di costituire una società per promuovere un’industria onde venire in aiuto a tutte quelle operaie che ben presto sarebbero senza pane causa la partenza da Ala dello stabilimento di Tessitura “Egidio e Pio Gavazzi” di Milano. Si vorrebbe impiantare una industria nel ramo tessile e a tal scopo questo Comitato diretto dal Podestà Antonio de’ Pizzini si rivolge a tutti coloro che sono amanti del loro paese a voler sottoscrivere delle azioni fino a raggiungere un capitale di 30.000 fiorini…..quote da versare a Francesco Morandini o Giacomo Tognotti”. Così scriveva il Corriere del Leno del 25.4.1894 augurandosi di trovare presto i finanziatori (importo notevole per quei tempi , più di un terzo del costo della futura nuova Scuola Elementare). Ma cosa era successo?
14 anni prima, nel 1880, il Comune, preoccupato dalla disoccupazione dilagante per il trasferimento a Innsbruck dell’industria impiantata proprio a Ala da Giorgio Mutschlechner, votava “ un premio annuo di 300 fiorini a chi si facesse promotore di una industria tessile in Ala dove esisteva una abile manodopera disponibile”.
L’avv. Giobatta Debiasi (che di questa vicenda ne parlerà in una pubblicazione del 1910) aveva mandato un avviso al giornale “La Seta” di Como per pubblicizzare l’iniziativa.
Silenzio per 5 anni fino a quando la notissima Ditta Egidio Gavazzi di Milano, che aveva già interessi nel Sud Tirolo (Rovereto, miniere in Alto Adige), manifestava l’intenzione a stabilirsi ad Ala, allettata anche dalle agevolazioni sui dazi per la sua produzione dei velluti “lisci”. Tale ditta, che poteva vantare una primogenitura nella nascita dell’industria italiana, stava vivendo un momento di forte espansione con filiali in tutto il mondo, occupava ben 4.700 dipendenti (di cui 600 a Rovereto); le informazioni assunte presso il Console Austriaco di Milano erano lusinghiere, e quindi il Comune non esitò a confermare le facilitazioni promesse e anzi si prodigò a spianare la strada per trovare una collocazione adeguata.
I Gavazzi all’epoca possedevano un vero impero industriale in vari stati ed era la prima industria tessile italiana
Veduta dello stabilimento di Desio a fine 800
Dopo vari abboccamenti con alcuni proprietari di ex filande (i Bracchetti/Turrini, gli Angelini, i Malfatti) si optò per il filatoio di questi ultimi sito ai “Foloni” vicino alla Roggia (tra l’attuale statale e la passerella) dato che godeva di un beneficio per l’utilizzo di 2/5 dell’acqua della roggia .
Il nome Foloni deriva dalla “follatura” subita dai velluti , cioè un bagno di filtratura dove i liquami inquinati venivano poi confluiti nella roggia.
Mappa dei molini, fucine e folloni sulla Roggia a ridosso della città (libro C. Rurale sui Molini - la sede della Tessitura potrebbe essere quella del Mulino di Follone)
Casa ai Foloni: dal libro della C. Rurale – siamo appena sotto la statale
Ai lavori di adattamento contribuirono il proprietario e il Comune, impegnato anche ad alleggerire le spese del personale. Arrivò ad occupare oltre 100 ragazze, nonostante gli impegni iniziali di occupare anche manodopera maschile; si può intuire, oltre al lavoro duro, una precarietà delle condizioni igieniche perché il fabbricato sulla Roggia non appariva di grandi dimensioni ed era stato interessato da modesti lavori fra cui la collocazione di un paio di “cessi”, certamente insufficienti per tante dipendenti. Comunque le maestranze apparivano soddisfatte e alla fine del primo anno (1885) offrirono al socio Egidio Gavazzi un attestato di gratitudine.
L’attività proseguiva con soddisfazione e nel 1887 la ditta proponeva un ampliamento della produzione e della manodopera con altre 50 operaie. Il tutto subordinato ad un aumento dell’utilizzo durante il giorno di tutta l’acqua della Roggia per far funzionare i telai.
Ma gli altri beneficiari dell’acqua richiedevano compensi esagerati per cedere i loro diritti oppure pretendevano dal Comune delle contropartite impossibili, come la privativa sulla vendita del pane al “Panificio Comunale”.
Questo episodio testimonia che la mancanza di forza motrice sufficiente e a buon mercato rappresenterà sempre il vero ostacolo allo sviluppo di qualsiasi attività industriale ad Ala. All’improvviso nel 1894 (non erano ancora scaduti i dieci anni di impegno al fine di giustificare le agevolazioni concesse) la società, ribadendo lo scarso fatturato rispetto alle spese nonché la volontà di ampliare gli stabilimenti di Desio e Melzo in Italia, comunicava l’intenzione di abbandonare Ala che, tra l’altro, non consentiva loro di sviluppare i telai meccanici. Tali telai arrivavano a tessere 10 metri di stoffa al giorno mentre quelli manuali si limitavano a 3.
I Gavazzi avevano investito parecchio sul nuovo telaio passando in un decennio da 600 a 1.000 telai meccanici mentre quelli manuali diminuivano da 350 a 200.
Questo il contesto produttivo dell’epoca, gravato dal fatto che i dazi doganali non rappresentavano più un vantaggio.
Il viaggio del Podestà a Milano per farli ritornare sulle loro decisioni e i lamenti delle operaie che giunsero perfino a dire che “dopo Dio e i genitori, tutto dovevano alla Gavazzi” non riuscirono a “intenerire quelli di Milano che non tornarono sulle decisioni prese”. A dire il vero l’attività a Rovereto continuò e addirittura qualche anno dopo avviarono una tessitura a Pergine Valsugana, dove c’erano bozzoli ideali per la seta greggia, occupando varie centinaia di dipendenti fino agli anni 40.
Anche Ala, si diceva, aveva i migliori bozzoli del Trentino, ma non bastava per rendere appetibile il territorio.
Egidio Gavazzi a sinistra con il ministro austriaco Aehrenthal a Desio – buoni rapporti intercorrevano con l’impero Austroungarico, dove la Gavazzi contava parecchie attività.
Che fare per prevenire una nuova crisi occupazionale?
Sull’esempio di società create in Val di Fiemme o in Giudicarie per promuovere il tram, la Deputazione Comunale propose una Nuova Società finanziata da gente locale che raccogliendo le esperienze maturate fosse in grado di proseguire l’attività.
Un Comitato doveva raccogliere le adesioni per almeno 30.000 fiorini e assumere un “onesto e pratico Direttore” , ma, l’impossibilità di avviare una nuova produzione con gli antiquati telai a mano rimasti e lo scarso entusiasmo di chi doveva sottoscrivere le azioni, fecero fallire l’iniziativa. Tra l’altro la nuova società avrebbe dovuto nascere come una specie di partecipata del Comune al 40% con notevoli incognite sulla legittimità dell’operazione e poco entusiasmo da parte della classe dirigente liberale dell’epoca che non gradiva che il Comune si immischiasse in “cose private”.
Le maestranze restarono a casa con l’unica consolazione di godere dell’intervento della nostra “Società di Mutuo Soccorso” che garantì ai poveri disoccupati almeno l’assistenza sanitaria. E riprendendo sempre il libro dell’avv. Debiasi “così scomparve ogni traccia della industria tradizionale”.
Copertina "Agonia e morte dei Velluti": pubblicazione dell’avv. Debiasi nel 1910 a cura della Pro Cultura
Qualche telaio a mano sopravvisse fino al 1900, ma il disagio fu notevole compensato in parte dal costante sviluppo della Stazione Internazionale che offriva altre opportunità alla popolazione residente anche se si trattava di mansioni generiche e troppo legate al mantenimento della Dogana.
La famiglia Gavazzi invece assecondò il suo sviluppo in Italia , diventando in Lombardia ed in particolare a Desio il fulcro dello sviluppo di un intero distretto industriale, con gli eredi di Egidio e Pio Gavazzi impegnati nella finanza (Banco di Desio) e in varie industrie (Lanerossi) e con ruoli politici ben definiti e attività filantropiche di rilievo nelle comunità di riferimento.
Adesso i tempi sono mutati e i Gavazzi hanno diversificato le loro attività: sono presenti nella “ Carlo Gavazzi” quotata in borsa a Zurigo, poi le cucine Boffi , il Nastrificio Gavazzi , e registrano interessi in Brasile e presenze nella finanza.
Chissà , se fosse rimasta arricchendo l’esperienza della manodopera locale con la virtuosa nascita di altre iniziative autonome , Ala avrebbe affrontato il suo declassamento dopo il 1915 con ben altre prospettive.
Per una ripresa temporanea del tessile dovremo aspettare altri 30 anni, quando nel 1925 aprì ad Ala la Filanda Danese nel fabbricato poi Slanzi, su iniziativa di un altro Francesco Morandini e usufruendo anch’essa di agevolazioni.
Ritratto di Egidio Gavazzi (1846-1910) – assieme al fratello Pio sono gli esponenti di maggior spicco della generazione di fine ottocento
Ringrazio Brusco Enrico e Armando Debiasi per i documenti, e il dott. Girolamo Gavazzi (pronipote di Egidio) commercialista in Milano che mi ha inviato l’accurata pubblicazione sulla sua famiglia.
Notizie da archivio personale e pubblicazione Cassa Rurale 1992 sui “Mulini” .
Azzolini Mario
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